Lo stress è il secondo tra i problemi di salute legato all’attività lavorativa. Colpisce, nei 28 Stati membri dell’Unione, quasi un lavoratore su quattro con un costo annuo che viene stimato in circa 25 miliardi di euro. Più della metà delle giornate lavorative perse è dovuta a stress. Per sette lavoratori italiani su dieci le cause più comuni dello stress sono legate alla organizzazione del lavoro, ai carichi eccessivi ed agli orari.
Oltre sei lavoratori italiani su dieci indicano fra le cause di stress anche la mancanza di sostegno da parte dei colleghi o superiori e comportamenti inaccettabili come il bullismo, le molestie o legano lo stress a ruoli e responsabilità poco chiare. Al contrario, solo quattro lavoratori italiani di dieci ritengono che i fenomeni di stress siano rari mentre uno su venti nega addirittura si verifichino fenomeni del genere.
Questi, e molti altri dati e relative analisi, sono stati pubblicati dal Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi Italiani nel volume a cura di Imma Tomay "Rischio stress lavoro correlato. Le competenze dello psicologo nella valutazione e gestione". Liguori, 2013.
I dati riportati sono davvero clamorosi, mi colpisce soprattutto la parte di studio in cui si fa riferimento alle relazioni tra i soggetti al lavoro, colleghi, capi e sottoposti, come parte preponderante nella creazione e nel mantenimento di situazioni stressanti.
Ovvero, a parte la difficoltà "oggettiva" del lavoro che si svolge, sempre più peso hanno le relazioni tra i lavoratori stessi, operai, impiegati o quadri.
Relazioni che possono essere fonte di benessere e soddisfazione personale o, al contrario, fonte primaria di quello stress lavoro-correlato, cui faccio riferimento.
Molti anni fa, prima della mia formazione in psicologia clinica, ho lavorato nella sede italiana della multinazionale americana General Electric, al servizio del Personale.
Ero l'unico psicologo, guardato con curiosità ed un po' di sospetto da dipendenti e superiori.
All'inizio i colleghi del Personale avevano timore di me, e pensavano che li avrei "psicoanalizzati", magari solo guardandoli negli occhi, per carpire loro segreti e fragilità lavorative da riferire non si sa bene a chi…!
Sin dall'inizio mi ero trovato contro soprattutto il Direttore dei Servizi Informatici dell'azienda, uomo temuto e molto apprezzato dal Presidente americano della Società.
Ero stato sfidato pubblicamente diverse volte da lui con messaggi del tipo: "A che serve la psicologia se dobbiamo combattere con i nostri concorrenti, agguerriti e con prodotti di alta tecnologia…"
Ovviamente facevo la parte del poveretto, difeso giusto per senso di pena dal mio Capo, ma facente parte dell'arredo dell'ufficio del Personale…
A quei tempi si assumeva molto, così come molte persone se ne andavano per offerte lavorative migliori. A seguito delle dimissioni di una persona importante al Servizio Informatico, invano trattenuta dal Direttore, mi ero permesso di fare un colloquio di uscita con la persona dimissionaria. La persona in oggetto, dato che non aveva nulla da perdere poté confidare criticità e aspettative sue e dei colleghi del Servizio Informatico.
Preparai un dossier "qualitativo" da inviare al Direttore del Servizio Informatico e al mio Capo al Servizio Personale.
Con grande sorpresa una sera vidi giungere al mio ufficio il Direttore dei Servizi Informatici, con il mio scritto pieno di sottolineature. All'inizio pensai ad un attacco frontale, invece la persona espresse molto interesse per quanto avevo scritto, ed aveva voglia di parlare di molte criticità che avevo riscontrato nel suo Servizio.
Insomma ci siamo visti molte volte, per parlare del clima lavorativo dei suoi "informatici", di possibili migliorie e spostamenti di persone, a parità di mansione.
Abbiamo ridisegnato la struttura organizzativa della sua divisione, ed introdotto il Role Playing tra i suoi collaboratori.
Il Direttore ammise che molte mie osservazioni gli erano state utili, ed avrebbe ancora utilizzato le mie competenze prima di prendere decisioni relative ai suoi "ragazzi".
Sembra una storia a lieto fine… In effetti il Direttore aveva cominciato a considerarmi una risorsa, un alleato, che poneva attenzione ad elementi che per lui avevano poca importanza.
Soprattutto era stupito e incuriosito dall'importanza che davo al clima lavorativo, alla relazione tra le persone, al dialogo, alle riunioni di gruppo con obiettivi condivisi ed alla riduzione dello stress lavorativo.
Stress lavorativo che in quegli anni iniziava ad essere studiato anche da noi, purtroppo dai pochi psicologi del lavoro presenti in grandi aziende, legati agli ambienti universitari della Cattolica o di Padova.
Questi, e molti altri dati e relative analisi, sono stati pubblicati dal Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi Italiani nel volume a cura di Imma Tomay "Rischio stress lavoro correlato. Le competenze dello psicologo nella valutazione e gestione". Liguori, 2013.
I dati riportati sono davvero clamorosi, mi colpisce soprattutto la parte di studio in cui si fa riferimento alle relazioni tra i soggetti al lavoro, colleghi, capi e sottoposti, come parte preponderante nella creazione e nel mantenimento di situazioni stressanti.
Ovvero, a parte la difficoltà "oggettiva" del lavoro che si svolge, sempre più peso hanno le relazioni tra i lavoratori stessi, operai, impiegati o quadri.
Relazioni che possono essere fonte di benessere e soddisfazione personale o, al contrario, fonte primaria di quello stress lavoro-correlato, cui faccio riferimento.
Molti anni fa, prima della mia formazione in psicologia clinica, ho lavorato nella sede italiana della multinazionale americana General Electric, al servizio del Personale.
Ero l'unico psicologo, guardato con curiosità ed un po' di sospetto da dipendenti e superiori.
All'inizio i colleghi del Personale avevano timore di me, e pensavano che li avrei "psicoanalizzati", magari solo guardandoli negli occhi, per carpire loro segreti e fragilità lavorative da riferire non si sa bene a chi…!
Sin dall'inizio mi ero trovato contro soprattutto il Direttore dei Servizi Informatici dell'azienda, uomo temuto e molto apprezzato dal Presidente americano della Società.
Ero stato sfidato pubblicamente diverse volte da lui con messaggi del tipo: "A che serve la psicologia se dobbiamo combattere con i nostri concorrenti, agguerriti e con prodotti di alta tecnologia…"
Ovviamente facevo la parte del poveretto, difeso giusto per senso di pena dal mio Capo, ma facente parte dell'arredo dell'ufficio del Personale…
A quei tempi si assumeva molto, così come molte persone se ne andavano per offerte lavorative migliori. A seguito delle dimissioni di una persona importante al Servizio Informatico, invano trattenuta dal Direttore, mi ero permesso di fare un colloquio di uscita con la persona dimissionaria. La persona in oggetto, dato che non aveva nulla da perdere poté confidare criticità e aspettative sue e dei colleghi del Servizio Informatico.
Preparai un dossier "qualitativo" da inviare al Direttore del Servizio Informatico e al mio Capo al Servizio Personale.
Con grande sorpresa una sera vidi giungere al mio ufficio il Direttore dei Servizi Informatici, con il mio scritto pieno di sottolineature. All'inizio pensai ad un attacco frontale, invece la persona espresse molto interesse per quanto avevo scritto, ed aveva voglia di parlare di molte criticità che avevo riscontrato nel suo Servizio.
Insomma ci siamo visti molte volte, per parlare del clima lavorativo dei suoi "informatici", di possibili migliorie e spostamenti di persone, a parità di mansione.
Abbiamo ridisegnato la struttura organizzativa della sua divisione, ed introdotto il Role Playing tra i suoi collaboratori.
Il Direttore ammise che molte mie osservazioni gli erano state utili, ed avrebbe ancora utilizzato le mie competenze prima di prendere decisioni relative ai suoi "ragazzi".
Sembra una storia a lieto fine… In effetti il Direttore aveva cominciato a considerarmi una risorsa, un alleato, che poneva attenzione ad elementi che per lui avevano poca importanza.
Soprattutto era stupito e incuriosito dall'importanza che davo al clima lavorativo, alla relazione tra le persone, al dialogo, alle riunioni di gruppo con obiettivi condivisi ed alla riduzione dello stress lavorativo.
Stress lavorativo che in quegli anni iniziava ad essere studiato anche da noi, purtroppo dai pochi psicologi del lavoro presenti in grandi aziende, legati agli ambienti universitari della Cattolica o di Padova.