Franco Basaglia

L'undici marzo del 1924 nasceva a Venezia Franco Basaglia.
Per me, padovano di studi, ha sempre rappresentato una figura mitica di "rivoluzionario" psichiatra, coraggioso medico capace di umanizzare una istituzione "totale" come il manicomio.
La rivoluzione di Basaglia ha origine nell'anno 1961, poco dopo la libera docenza in psichiatria, quando rinuncia alla carriera universitaria per dirigere l'ospedale psichiatrico di Gorizia.
Lui stesso descrive l'impatto con la realtà ospedaliera di Gorizia traumatico e durissimo, i malati sono sedati farmacologicamente, contenuti (legati), lasciati in stanzoni a vegetare...
Sconvolto, sente di dovere affrontare questa realtà di emarginazione. E' molto colpito dall'esperienza della comunità terapeutica di Maxwell Jones e decide con altri giovani medici di trasformare l'ospedale psichiatrico da luogo di alienazione a spazio di cura e parola per i pazienti ricoverati.
Getta alle ortiche il vecchio "strumentario" di cura: massicce dosi di farmaci, contenzione ai letti, elettroshock, porte chiuse a chiave...
I medici ed il personale tutto si rapportano ai malati soprattutto con la parola, d'ora in poi i pazienti saranno trattati come uomini e donne in crisi, persone sofferenti con la loro imprescindibile dignità.
Non solo, successivamente Basaglia introduce all'interno dell'ospedale atelier di pittura e teatro e una cooperativa di lavoro che coinvolge e retribuisce i malati.
Questa rivoluzione si concretizza nel libro "L'istituzione negata", dirompente volume che si colloca storicamente proprio nell'anno 1968.
Per Basaglia il manicomio va chiuso e vanno realizzati servizi sul territorio per avvicinare i malati mentali, senza strapparli dal contesto sociale e familiare in cui vivono.
In questo senso il manicomio aveva sempre nascosto allo sguardo dei cosiddetti "normali" i "matti", la malattia mentale, creando una barriera di fatto invalicabile e rassicurante per i "sani".
nel 1973 Basaglia passa al manicomio di Trieste e ne diviene direttore. Nello stesso anno fonda il movimento Psichiatria Democratica, che darà spazio a tanti giovani psichiatri, convinti che nella relazione tramite la parola con i pazienti, si nasconde un potente elemento della cura.
Basaglia ha creato le condizioni, soprattutto politiche, per la promulgazione della famosa legge 180, che il Parlamento Italiano approva nel 1978, legge ancora in vigore per l'assistenza psichiatrica.
Successivamente Basaglia è chiamato a Roma a dirigere i Servizi Psichiatrici della Regione Lazio.
Come non ricordare anche Franca Ongaro, moglie di Basaglia e sua instancabile collaboratrice, e dopo la sua morte divulgatrice del suo pensiero, anche politico, come senatrice.
Così pure vorrei ricordare Giovanni Jervis, altro psichiatra formatosi con Basaglia all'ospedale di Gorizia, di cui ho studiato con grande interesse il "Manuale critico di psichiatria".
Vorrei anche ricordare l'ottimo film prodotto da Rai Uno: "C'era una volta la città dei matti...", dell'anno 2009, che narra l'esperienza di Franco Basaglia e la drammatica realtà degli ospedali psichiatrici prima della legge 180 (Legge Basaglia).


Le famiglie "ricomposte"

Desidero parlare delle famiglie “ricomposte” o “ricostituite”: sono quelle famiglie composte da partners che escono da precedenti matrimoni o convivenze e che decidono di ricostruirsi una famiglia con un nuovo compagno-a, portando con sé i figli nati dal precedente legame.
Entrambi i termini mi piacciono poco, ma in qualche modo occorre indicare questa tipologia di "famiglie", caratteristiche dei nostri tempi.
Queste nuove forme familiari sono cresciute di molto negli ultimi dieci anni, anche in conseguenza dell'aumento delle separazioni e dei divorzi, addirittura negli USA un terzo dei figli va incontro a questa evenienza familiare.
Secondo gli ultimi dati Istat, le famiglie ricomposte passano dal 16,9% del 1998 al 28% del 2009. Le famiglie ricostituite coniugate sono 629 mila. Nel 37,9% delle coppie ricostituite vivono figli di entrambi i partner e nel 12,9% vivono figli nati sia all’interno della nuova che delle pregresse relazioni di entrambi i partner. 
Queste forme familiari hanno caratteristiche differenti da quelle tradizionali, differenze legate sia alla complessità dei ruoli ricoperti sia agli oggettivi vincoli fisici della nuova struttura familiare: nella famiglia ricostituita la gerarchia adulti-genitori e giovani-figli è più sfumata, sono importanti i legami tra i consanguinei e compare una differenza di “potere” tra l’adulto genitore e quello non-genitore.
La caratteristica di fondo della famiglia ricostituita è di avere dei confini più incerti e ambigui di quella coniugale, in termini sia biologici che giuridici. Tale ambiguità dipende dal grado della complessità strutturale della nuova famiglia: quando entrambi i genitori hanno alle spalle un matrimonio e un divorzio e portano con sè almeno un figlio, la nuova famiglia che creano è strutturalmente molto complessa.
Le famiglie ricomposte vivono la crisi di chi, con storie diverse e diversi modi di affrontare i problemi, deve trovare un adattamento per affrontare insieme le nuove situazioni. Sono soprattutto i figli a segnalare, con i sintomi più disparati, la difficoltà di accogliere il nuovo equilibrio che si viene a creare dopo la separazione con entrambi i genitori. Si possono osservare, ad esempio, la comparsa di difficoltà scolastiche, di problemi nel ciclo sonno-veglia e di enuresi nei bambini, o l’inasprirsi dei conflitti, di comportamenti devianti e disturbi alimentari negli adolescenti.
I partners al secondo matrimonio/convivenza devono affrontare un compito particolare, integrare se stessi e i propri figli all'interno della nuova struttura della famiglia ricostituita. Per ogni individuo, quest’integrazione implica una rielaborazione del proprio modello di famiglia e delle proprie aspettative verso la vita familiare. Questa sfida al concetto di famiglia dell’individuo, può contribuire al senso di shock e di disorientamento riportato da molte persone riaccompagnate.
Le ricerche finora condotte mostrano che le seconde nozze sono ancora più fragili delle prime: le persone divorziate che si risposano, divorziano nuovamente con una frequenza maggiore di quelle che si sposano per la prima volta. Ciò può avvenire sia perché sono più disposte a ricorrere al divorzio qualora il matrimonio sia infelice, sia perché la qualità del rapporto che nasce con le seconde nozze è spesso più difficile da gestire di quello delle prime nozze, ma anche perché non sono ancora pienamente istituzionalizzate.
Il problema di queste nuove forme familiari è prettamente relazionale e di comunicazione. Non sempre, infatti, l’integrazione di membri appartenenti a due famiglie diverse riesce come si vorrebbe. In questi casi, occorre prendere in considerazione l’idea di cercare un aiuto esterno, in particolare se i figli mostrano marcata ostilità verso il nuovo arrivato, se questa è causa di forte stress per i due membri della coppia, o la difficoltà stessa di essere riconosciuti come famiglia dalla famiglia d’origine della coppia, la difficoltà di condividere ruoli genitoriali con gli ex coniugi, la difficoltà nell’assunzione di compiti relativi all’educazione e alla cura dei figli non biologici.
Tante e diverse possono essere le ragioni per cui la nuova famiglia ricomposta potrebbe non funzionare: importante sarebbe migliorare la comunicazione e stabilire ruoli e confini fra i vari membri della famiglia, in modo da rendere l’atmosfera più serena.