Il Prof. André Giordan


André Giordan con Massimo Felici

Abbiamo avuto il piacere di incontrare il Prof. André Giordan alla Camera di Commercio Italiana di Nizza. La collega Myriam Bartoletti lo ha invitato a presentare una sua conferenza sul tema dell'alimentazione, della salute e del valore culturale del cibo. Conferenza che sarà in programma all'interno della manifestazione L'Italie a Table, che si svolgerà a fine maggio 2016 a Nizza.
Chi meglio del Prof. Giordan potrà parlarci di cibo, di cucina nizzarda (sua città natale), del valore simbolico e culturale dell'alimentazione e del rapporto con la salute.
Gli interessi del Prof. Giordan sono molteplici: è biologo, fisiologo, psicologo ed attualmente insegna all'Università di Ginevra ove dirige il Laboratorio di Didattica ed Epistemologia delle Scienze LDES.
Giordan ha anche scritto il libro "30 ans sans médicament" ed. Lattes (al momento non tradotto in italiano) che narra della sua esperienza di "malato" quando, a seguito di un grave episodio febbrile, che i medici avevano difficoltà a trattare, decide di "ascoltare" meglio il suo corpo e di sviluppare una propria strategia di guarigione. Riesce in questa sfida con se stesso che gli permette di vivere senza utilizzare medicamenti per ben trenta anni. Per lui l'utilizzo dei farmaci deve essere riservato solamente alle malattie gravi. Forte di questa esperienza ci invita a ricercare il nostro proprio metodo per vivere meglio corpo e mente. Se gli aspetti fondamentali e comuni sono l'alimentazione, l'attività ed il piacere, però ogni persona è unica. Ciò che fa bene ad uno non può essere la soluzione per un altro. Giordan ci propone consigli e tecniche anti-stress per sviluppare un arte di vivere in buona salute. Un libro pieno di energia senza diktat né idee preconcette, per accompagnarci nella ricerca del nostro potenziale.
Abbiamo posto diverse domande a Giordan, sui temi dell'alimentazione, della salute e del ben-essere, sulla cucina nizzarda che ben conosce, e sulle differenze tra Italia e Francia in riferimento al cibo. Pubblicherò l'intervista dopo le feste natalizie, così potrete mangiare e bere senza sentirvi in colpa...



Lo psicologo e l’utilizzo di Skype




Da qualche anno molti psicologi utilizzano strumenti di comunicazione a distanza come Skype per parlare con i propri pazienti.
All’inizio ero veramente perplesso, anche perché mi veniva in mente una scena di un film di Woody Allen che suona il campanello del citofono per andare dal suo analista in quel di New York. L’analista non c’è e risponde una signora (la moglie, la domestica…) e Woody inizia a conversare in piedi davanti al portone con la persona dall’altra parte. Scena che dura alcuni minuti e che sembra davvero assurda, in pratica una seduta terapeutica via citofono…!
Poi però, dato che spesso il destino ci fa scherzi curiosi, un mio paziente per lavoro ha dovuto trasferirsi negli USA a Boston, invitato in una prestigiosa Università.
Che fare? Il lavoro non era terminato, anche se la persona era certo più stabile e consapevole delle proprie capacità e, non a caso, aveva inoltrato una domanda di insegnamento in quel di Boston, e con sorpresa e piacere era stato accettato per due anni.
Le alternative erano: interrompere o cercare un terapeuta in quel di Boston… Oppure utilizzare Skype.
Ricordo di averlo proposto in una delle ultime sedute “italiane”, ed ero abbastanza perplesso.
La persona ha accettato con facilità dato che è certo più tecnologica di me, ed utilizzare Skype o altri strumenti per parlare a distanza è per lui d’uso comune.
Ricordo la prima seduta via Skype, giro di mail per concordare l’ora, dato che Nizza è 6 ore avanti rispetto all’orario di Boston.
Piccoli disguidi con i tasti di Skype, poi ci siamo visti e, ovviamente sentiti… 
Non so chi dei due fosse più sorpreso e curioso dello strumento, di fatto dopo alcuni dettagli tecnici per mettere a punto la connessione, abbiamo ripreso la dove ci eravamo interrotti due settimane prima a Milano.
Direi che la “prima” seduta è andata bene, ne sono seguite altre con cadenza settimanale ed ancora adesso un paio di volte al mese ci accordiamo e parliamo via Skype.
Da allora mi sono trovato ad avere più confidenza con questo strumento, lo propongo con più facilità e, ad oggi, non ho avuto problemi con i pazienti che hanno condiviso questa esperienza.
Trovo giusto chiarire che parlo di persone che conosco e mi conoscono, cioè abbiamo lavorato vedendoci nel mio studio per tempi più o meno lunghi, sia in setting individuale che di gruppo.
Quindi le sedute Skype possono contare sul fatto che ci siamo visti di “persona”, Skype non si sostituisce al contatto ed alla relazione diretta, può essere un aiuto o un sostituto in un momento particolare: un viaggio di lavoro, una malattia, uno sciopero, un problema improvviso…
Spesso alterno sedute “di persona” con sedute via Skype, guidato solo dalla comodità del momento, in accordo con il paziente. Dopo Skype attendo solo che si possa utilizzare il "Teletrasporto", (chi vede Star Trek sa cosa intendo) per spostarsi a distanza in un battibaleno, magari da una città ad un'altra, o da un continente all'altro. Ma per ora è ancora fantascienza...


Non mi era mai accaduto…..



Silver
Sinceramente non mi era mai accaduto, il mio gattone Silver è sempre stato in casa con me mentre lavoravo con i pazienti, di solito sonnecchiava beatamente in qualche angolo della casa e si faceva vivo solo all'ora del pasto di mezzogiorno o della cena...
Già, infatti lui sa che si mangia alle tredici ed alla sera alle venti, eccezioni a parte, ovviamente. Si è abituato a mangiare alle stesse nostre ore, non primo e secondo ma umido e crocchette nelle ciotole che ha in cucina, e beve solo acqua!
Ebbene, un giorno mentre ero in seduta con una paziente e senza che me ne accorgessi, Silver è uscito sul balcone, passando dalla cucina e si è messo sul tavolo del terrazzo proprio di fronte alla grande finestra della stanza in cui lavoravo. Con sorpresa l'ho visto seduto sul tavolo, che osservava l'interno della stanza ed ha iniziato a miagolare perché voleva entrare. All'inizio ero in imbarazzo perché il suo miagolio si faceva sempre più insistente, poi ha cominciato a grattare con le unghie l'esterno della finestra. Anche la paziente si è accorta di lui, diciamo che era proprio difficile non notarlo e, con mia sorpresa, mi ha chiesto di farlo entrare nella stanza con noi.
Ho aperto la finestra e Silver in un baleno è entrato e si è accovacciato vicino alla paziente, praticamente addosso, con una zampa sulla borsa della giovane cliente.
E' stato tranquillo, ogni tanto guardava me o la ragazza, probabilmente molto consapevole del suo ruolo di assistente psicologo a quattro zampe!
Sappiamo (o ci piace crederlo) che i gatti quando una persona sta male si fanno carico di togliere la negatività, si mettono vicino a noi come per rasserenarci, per darci un momento di serenità.
Ho parlato di quanto accaduto con la mia paziente, che mi ha chiesto di fare stare con noi anche le volte successive Silver, che a lei faceva solo piacere.
Ebbene avreste dovuto vedere che teatro da vero professionista ha messo in opera Silver le volte successive rotolandosi addosso alla giovane....
Ma non è finita, dato che spesso Silver passa sul terrazzo di fronte alla finestra di cui parlavo, quando vede che sto lavorando si mette a guardare dentro ed attende....
Attende che la persona con cui sto parlando mi autorizzi a farlo entrare, così da potere fare da assistente psicologo a quattro zampe. Credetemi, tutte le persone mi hanno chiesto di farlo entrare, l'hanno accarezzato e si sono fatte coccolare da lui, praticamente avevano questa palletta di pelo addosso!
Certo se uno ha paura o è allergico al pelo del gatto non l'avrei mai fatto entrare, ma ad oggi tutte le persone hanno avuto piacere di questo contatto fisico-psicologico con Silver, lo accarezzano e gli parlano, ricevendo in cambio sguardi teneri e mossette da vero professionista delle coccole.
Persino una bimba, accompagnata dalla mamma, mi ha chiesto di farlo entrare ed ha giocato con lui nel mentre della seduta.
Ormai Silver fa parte del "setting" per i miei pazienti, e per me, diciamo che mi sembrerebbe strano non vederlo nella stanza mentre lavoro...

  






Nuova iniziativa della Camera di Commercio Italiana di Nizza: da settembre apre lo sportello orientamento







Noi italiani abbiamo spesso sfiducia nei confronti degli Enti pubblici. La "giovine" Italia non é stata ancora fatta, i campanili continuano a prevalere ed i dialetti sono sempre molto forti. Are You Italian?...NO Napolitain...non é solo uno sketch di Toto', di Alberto Sordi o di Sophia Loren...ma la risposta che ognuno di noi dà nel momento in cui si trova all'estero: "Sono Romano, sono di Torino, sono di Palermo, o anche di Sassuolo, di Lecce, di Vicenza..." insomma prima la città e poi eventualmente il Paese, quello che dovrebbe avere la P maiuscola.


I Campanili, i quartieri, i rioni, prevalgono e siamo solitamente soli contro tutti. Anche quando abbiamo qualcuno che ci puo' aiutare siamo scettici, perché, noi, siamo i più bravi. Da soli. Ovvio!


Questo modo di essere Italiano fa si' che non crediamo nei nostri compatrioti, perché spesso, all'estero sono proprio i nostri concittadini che ci danno delle "fregature", delle cattive informazioni. Non crediamo negli enti italiani, perché spesso sono proprio quelli che, paragonati ad altri Paesi, non funzionano e anche quando funzionano, non siamo contenti di quello che fanno.


Quindi noi Italiani espatriamo, e da soli, ognuno di noi, ciascuno di noi, individualmente, ripete le orme di chi ci ha già preceduto.


Siamo tutti unici. Ce la caviamo da soli, senza l'aiuto di nessuno. Spesso molto bene. Con grande successo. E siamo un esempio unico.


Quando pero' poi compariamo il nostro Bel Paese, a quelli ovviamente meno belli del nostro, e ci troviamo lontano dal nostro piccolo Campanile, diventiamo tanto invidiosi dei nostri cugini francesi, dei simpatici tedeschi, degli inglesi, degli americani e vorremmo anche noi avere le loro istituzioni, fatte dai loro cittadini. Questo perché anche quando abbiamo delle strutture che funzionano all'estero, le sottovalutiamo, siamo presuntuosi e convinti che "Tanto non funzionano".


A che servono le Camere di Commercio, i Consolati, le Ambasciate, gli uffici ICE, le numerose associazioni se poi tanto non funzionano? Non so se é vero per tutti, visto che ognuno di noi ha il suo giudizio. Ma é esattamente quello che sentiamo tutti i giorni da imprenditori e comuni cittadini.


In questo contesto siamo felici che la Camera di Commercio Italiana di Nizza, che non é un Ente pubblico, ma una libera associazione di imprese, si sia lanciata nella creazione di uno sportello orientamento per tutti coloro che, si', da soli sono molto bravi, che si' da soli non hanno bisogno di nessuno, ma che vogliono essere semplicemente ascoltati, orientati verso una struttura o un'altra, verso un patronato, un'agenzia di viaggio, verso un'associazione culturale che magari funziona pure; uno sportello orientamento per coloro che non sono soci della Camera, quindi non partecipano alla sua vita con una quota annuale; uno sportello orientamento per coloro che non vogliono partecipare ad un seminario di creazione d'impresa perché non sanno ancora di voler diventare imprenditori, ma forse sono curiosi e vogliono sapere gli altri come hanno fatto o come ce l'hanno fatta. O ancora, uno sportello per orientare coloro che vogliono essere semplicemente ascoltati, informati e capire perché la Francia, che é tanto simile all'Italia, é in fondo cosi' tanto diversa. Uno sportello di ascolto gratuito, a disposizione di chi é in fondo disorientato e che cerca indicazioni che sembrano semplici agli occhi di chi ha molta esperienza di immigrazione o di interscambio culturale e commerciale.


Una bella iniziativa, possibile grazie ai soci della Camera di Nizza ed a coloro che non credono di essere unicamente i migliori ma che credono, ancora di più, che "l'unione fa la forza" e che assieme siamo semplicemente migliori.


SPORTELLO ORIENTAMENTO

Data: da lunedì 7 settembre 2015

Orari: tutti i lunedì mattina dalle 10.00 alle 12.00

Luogo: presso la sede della Camera di Commercio Italiana


11, avenue Baquis - Nizza

Psicologi, istruzioni per l'uso




Spesso alcune persone mi chiedono come si fa a capire se lo psicologo da cui si sta andando per delle sedute terapeutiche è "bravo" o meno...
Domanda difficile che mi fa sorridere, ma che in qualche modo presuppone una risposta, dato che chi pone l'interrogativo ha pieno diritto di chiedersi ciò!
Proviamo a indicare almeno qualche elemento generale.
Anzitutto al tempo di Internet è possibile avere informazioni, dati, curriculum e, talvolta, addirittura filmati del professionista preso in esame.
Questo però non ci dice nulla della capacità professionale dello psicologo, magari ci fa capire molto del buon web master cui si è affidato per il proprio sito web...
Anche le foto sono talvolta divertenti: colleghi dal viso tenebroso, assorti o con lo sguardo verso l'infinito. Molte colleghe sembrano star del cinema, in pose un po' vamp, altre ahimè  mostrano "terribili" foto probabilmente usate per il vecchio passaporto!
La mia, guarda caso (mi sono occupato per anni di disturbi alimentari) è stata fatta in una vecchia osteria milanese, prima di una cena tra colleghi per i saluti pre-vacanzieri.
Passando alle cose serie, osservate bene i titoli accademici e post laurea, il percorso di studi per fare lo psicologo è lungo e non ammette sconti o operazioni fai da te.
Lo psicologo laureato non è ancora psicoterapeuta se non procede con gli studi e segue una scuola di formazione alla psicoterapia, allo stato attuale della legge 56/1989 sono quattro anni ancora, minimo.
E qui iniziano i guai, scuole di psicoterapia ce ne sono tantissime, a livello nazionale o locale, che fanno riferimento a importanti personaggi della clinica psicologica (Freud, Jung, Lacan...) o a impostazioni tecniche diverse (analitiche, comportamentali, cognitive...) o si rivolgono all'età dei soggetti (infanzia, adolescenza...) o modalità di lavoro (individuale, coppia, famiglia, gruppo), e poi mille altre sfaccettature più o meno serie.
Ai miei tempi (ho fatto Psicologia a Padova quando in Italia c'erano solo due facoltà  di Psicologia), lo psicologo si occupava di tutto. Ovvero se una persona, uomo, donna, coppia, giovane o senior si rivolgeva a lui, quale che fosse la sofferenza espressa, si iniziavano sedute per permettere alla persona di vivere meglio.
Oggi abbiamo Psicologi per ogni disturbo: difficoltà del sonno dei bimbi, fobie, disturbi alimentari, mobbing lavorativo, psicodiagnosi, tentato suicidio negli adolescenti ecc...
Ammetto che, con tutto il rispetto, queste mille specializzazioni mi lasciano perplesso, lo Psicologo dovrebbe potere lavorare con chiunque, dato che il processo terapeutico riguarda degli esseri umani, donne o uomini, junior o senior, individui o coppie...
Non nego che avere esperienza di un certo ambito (ad esempio i disturbi alimentari) è positivo per quel tipo di sofferenza ma possono ottenere ottimi risultati anche psicologi non "specializzati" capaci, quello si, di mettersi in gioco con il loro paziente.
Mi ricordo un episodio di quando ero giovane tirocinante al reparto psichiatrico dell'Ospedale Niguarda di Milano: nel corso della riunione dei casi da discutere tra i medici del reparto ed il primario, per definire la terapia farmacologica di un paziente grave, si era accesa una disputa tra alcuni giovani psichiatri sul farmaco più indicato per ridurre il delirio di quel giovane paziente.
Nel bel mezzo della discussione il medico internista, consulente per il reparto psichiatrico, aveva interrotto la dotta discussione dei giovani medici per dire: "Cari colleghi il ragazzo delira perché ha la polmonite e una febbre da cavallo, nessuno di voi lo ha visitato, a parte me, e prima degli psicofarmaci pensate a dargli antibiotici, siete psichiatri ma ancora prima dovreste ricordare di essere medici..."
Oltretutto, e immagino che molti colleghi non apprezzeranno ciò che vado a scrivere, le offerte di formazione (scuole di psicoterapia e corsi di specializzazione) per giovani psicologi sono un gran bel business.
I costi delle scuole di psicoterapia oggi sinceramente sono troppo elevati e molte materie sono proposte tanto per fare "volume" e giustificare i costi citati.
Quindi, non lasciatevi ingannare da tante specializzazioni, da corsi di ogni genere ed  iscrizioni ad associazioni. Un modo però efficace c'è per "testare" lo psicologo: andate da lui, fissate un appuntamento, raccontate della vostra sofferenza e ascoltate bene ciò che la "vostra pancia" vi dice nel mentre e dopo l'incontro.
Penso utile almeno fare tre-quattro sedute di reciproca conoscenza, definire tempi e costi, e lasciare che la "vostra pancia" vi indichi se insieme è possibile lavorare o meno.
La "vostra pancia" è la traduzione emotiva di quanto l'incontro con lo psicologo ha fatto risuonare in voi, se vi siete sentiti ascoltati, compresi e avete colto curiosità, in lui, per la vostra storia e sofferenza.
Guardate che non è così scontato, ottimi professionisti sono dei ghiaccioli o sembrano venire da altri pianeti oppure parlano come oracoli...
Del resto la prima istanza di un paziente è essere diffidente e sfiduciato (non a caso sta male), e non si vede perché dovrebbe dare fiducia "gratis" ad una persona che deve pagare per farsi ascoltare!
Qui sta allo psicologo riuscire, con cautela e rispetto, ad avviare una relazione potenzialmente terapeutica, tenuto conto che dapprima occorre capire ed attenuare la sfiducia del paziente nelle proprie capacità, affinché possa sperare che il lavoro con lo psicologo lo aiuti a stare meglio.




  

Le modelle sono troppo magre...?




E’ in corso in Francia una riforma della Sanità ed un articolo (se approvato anche dal Senato), riguarderà la magrezza delle modelle.
Scopo della legge è impedire alle agenzie di moda di fare sfilare modelle troppo magre. Per valutare la magrezza si fa riferimento all’Indice di Massa Corporea IMC o BMI (Body Mass Index) che si calcola come rapporto tra il peso espresso in Kg. e il quadrato dell’altezza  espressa in metri.
Valori compresi tra 18,5 e 24 sono adeguati, inferiori a 18,5 indicano magrezza, al di sotto di 16 la magrezza è grave e comporta problemi di salute.
Ad esempio, una ragazza alta un metro e settantacinque dovrebbe pesare almeno 55 chili per avere un indice IMC del valore di 18, che è considerato “accettabile”.
La legge non ha completato il suo iter parlamentare, ma se ne sta discutendo molto in Francia, anche se non è ancora stato fissato il parametro minimo da rispettare, che sarà successivamente fissato dalla Haute Autorité de Santé, commissione indipendente francese che fornisce autorevoli pareri sui temi della Salute. 
Al momento si conosce l’orientamento del deputato Socialista e medico Olivier Veran, che si batterà in Parlamento perché le modelle possano dimostrare di avere un indice IMC di almeno 18, per potere sfilare.
Il Ministro della Salute francese Marisol Touraine ha detto che la legge è: «Un messaggio importante per quelle giovani donne che guardano alle modelle come a un canone estetico».
Del resto leggi analoghe sono in vigore in altri Paesi, in Spagna già dal 2006 le modelle prima di sfilare devono sottoporsi ad una visita medica, ed Israele dal 2013 ha una legge che indica chiaramente che le modelle per sfilare devono avere un IMC di almeno 18,5 che è un po’ il confine tra peso normale e sottopeso.
In Italia la Settimana della Moda di Milano da anni ha praticamente imposto alle modelle di essere in linea con il valore minimo di IMC di 18,5.  
Piccola malignità: la legge varrà anche per i modelli maschi….?
La legge poi prevede anche pene pecuniarie (75.000 euro) e condanne fino sei mesi per i titolari di Agenzie che dovessero non rispettarla…
In Francia annualmente si svolge la Paris Fashion Week, serie di eventi e sfilate di moda che rappresentano una vetrina mondiale per il mercato dell’abbigliamento made in France ed il Sindacato delle Agenzie di Modelle (Synam) ha già dichiarato guerra a tale legge.
Il Synam argomenta che le sfilate non saranno più fatte in Francia, per aggirare la legge, così da perdere posti di lavoro e quote di mercato nel settore moda ed alta moda.
Stime prudenti (che valgono per ogni paese europeo) indicano in 30-40.000 le persone che soffrono di anoressia, con assoluta preponderanza del genere femminile, ovvero 9 persone su 10.
Argomento correlato, ma da non confondere, è invece la parte della legge che vuole combattere (giustamente) le persone ed i siti web che incoraggiano ad una magrezza estrema ragazze e ragazzi, i cosiddetti siti “pro-ana”.
Provate a fare un giro sul web tra questi siti e rimarrete sconvolti. Spesso le foto sono pugni allo stomaco, i testi davvero choccanti e francamente aleggia un senso di morte intollerabile.
Molti di voi ricorderanno la triste fine di Isabelle Caro (nella foto sopra), modella ed attrice francese che si fece fotografare nuda nel 2007 da Oliviero Toscani. I grandi manifesti fecero molto scalpore e vennero ritirati dopo pochi giorni a seguito di furiose polemiche da parte di varie Associazioni, medici, organizzazioni socio-sanitarie e stampa, su un tema così drammatico e, purtroppo attuale. 
A conclusione di questo scritto riporto i dieci comandamenti di un sito pro-ana facilmente accessibile…!

I 10 Comandamenti:
1) Se non sei magra non sei attraente;
2) Essere magri è più importante che essere sani;
3) Comprati dei vestiti, taglia i capelli, prendi dei lassativi, muori di fame, fai di tutto per sembrare più magra;
4) NON PUOI MANGIARE SENZA SENTIRTI COLPEVOLE;
5) NON PUOI MANGIARE cibo ingrassante SENZA PUNIRTI DOPO;
6) Devi contare le calorie e ridurne l’assunzione di conseguenza;
7) Quello che dice la bilancia è la cosa più importante;
8) Perdere peso è bene, guadagnare peso è male;
9) NON SARAI MAI TROPPO MAGRA;
10) Essere magri e non mangiare sono simbolo di vera forza di volontà e autocontrollo.

Il minestrone è di sinistra e una bella minestrina di destra







Nella laica Francia da qualche tempo si assiste ad un ulteriore scontro tra sinistra (Socialisti) e destra (Ump) che ha per motivo del contendere le mense scolastiche... Si, avete letto bene, le mense scolastiche delle scuole pubbliche francesi. Molti sindaci hanno vietato nelle scuole pubbliche la possibilità di optare per menu alternativi, ad esempio in presenza di carne di maiale, in nome della “laicità”.
I Socialisti, ovviamente, hanno bollato tali iniziative come “pericolose derive” e criticano la teoria del “menu unico” associandola a una nuova intolleranza.
Il “menù unico” senza alternative legate a motivi religiosi già era servito in molti piccoli comuni francesi (di destra), ma ha fatto molto scalpore la decisione del primo cittadino (Ump) di Chalon-sur-Saȏne, importante comune della Borgogna, di adottare il “menù unico” da settembre di quest’anno.
Sarkozy, intervenuto sulla questione, ha detto: “...Se uno vuole che i propri figli abbiano abitudini alimentari confessionali, li può mandare nelle scuole private” ed in effetti in Francia sta crescendo il numero di scuole e licei privati musulmani. 
La coerenza non sembra un gran valore per Sarkozy, quando era ministro degli Interni (anno 2003) e si discuteva la futura legge sul divieto del velo in ambito scolastico, aveva detto: “Una legge che esclude dalla scuola le ragazze, perché coerenti con la loro religione, le spingerà inevitabilmente nelle scuole confessionali musulmane, dove il velo non diventerà più una possibilità ma un obbligo”.   
Appare chiaro che, al di là del motivo specifico del contendere, giocano altri livelli di interpretazione. Sarkozy, sta tentando di rientrare appieno in politica  dopo che il suo partito UMP ha doppiato i Socialisti alle ultime elezioni Provinciali, e si trova a dovere appoggiare tali iniziative dei suoi compagni di partito. Dopo il tragico attentato di Charlie Hebdo e le tensioni continue con parte del mondo musulmano è innegabile che il livello di tolleranza si sia molto abbassato da ogni parte... Al liceo avevo studiato le Crociate ed alla fine mi era chiaro che, nel nome del Dio professato, da una parte e dall’altra alla fine si era trattato solo di guerre interminabili, morti, vendette e carestie che non riuscivano mai a vedere un vincitore ed un vinto!
Spero non si vogliano riprendere le Crociate, erano state nove, anche se taluni storici dicono otto, la nona era solo un’aggiunta all’ottava... tanto alla fine perdevano tutti, Cristiani e Musulmani.  

Provo a concludere con un pò di ironia dato che mi viene in mente la canzone di Gaber: Destra-sinistra. Ricordate...? “Il minestrone è di sinistra e una bella minestrina è di destra...

La tragedia dell'Airbus








Ora che la scatola nera ha portato gli inquirenti a comprendere quanto possa essere accaduto nella cabina, quindi niente guasti o portelloni difettosi, come si pensava in riferimento ai vari problemi tecnici che l'aeromobile aveva patito nel corso dei lunghi anni di servizio, la tragedia dell'Airbus è divenuta ancor più inquietante.
Il co-pilota Lubitz è chiaramente indicato come il responsabile del disastro, in una scena davvero da film dell’orrore, con il comandante che tenta di sfondare la porta della cabina con l’ascia mentre l’aereo inizia la discesa per poi schiantarsi tra le montagne.
Immagino il drammatico sconcerto dei vertici della Lufthansa, degni rappresentanti del mito della razionalità e della tecnica con cui identifichiamo tutti noi i tedeschi.
Un giovane pilota tedesco, preparato ed abilitato a volare, certificato anche dagli USA, senza mai dire una parola e con la respirazione normale (così ci dicono gli inquirenti) ha fatto scendere l’Airbus con 150 persone a bordo tra le montagne con l’inevitabile tragico finale.
Per fare una cosa del genere Lubitz doveva essere depresso (ovviamente) lasciato dalla fidanzata (ovviamente), assumere psicofarmaci (ovviamente) e chissà cosa altro nasconde (ovviamente), anche se ora la Polizia tedesca passerà al setaccio tutta la sua vita.
Gli “ovviamente” sono la classica reazione delle persone a fatti del genere, incomprensibili, tragici e destabilizzanti psicologicamente.
Ma la psicoanalisi da oltre un secolo ci ricorda una scomoda verità, noi non sappiamo chi siamo davvero, siamo capaci di opere ed azioni eroiche, veri atti di amore ma, al contempo, anche in grado di odiare, distruggere ed uccidere noi stessi e gli altri… Un mio professore amava ricordarci che di notte nei nostri sogni possiamo anche uccidere delle persone, poi al risveglio non ce ne ricordiamo, ma gli impulsi ci sono eccome!
Certo un sogno non è la realtà, ma l’inconscio fa parte di noi, che ci piaccia o no.
Del resto Freud aveva ben argomentato ciò nello splendido saggio: “Al di la del principio di piacere” (vol. 9 degli scritti) in cui ipotizzava l’istinto di morte in eterna antitesi all’Eros, al desiderio di vita ed amore.
Queste considerazioni fanno saltare il confine tra normalità e follia, di qua i “normali” e di là i folli… Siamo al contempo sani e folli tutti noi, ovviamente.
Capisco bene che non potersi dichiarare con certezza “sani e normali” è fonte di paura ed angoscia, un po' come se potessimo essere ad ogni momento contagiati dalla follia.
Ma, come scrivevo sopra, esiste anche la cattiveria, la malvagità e l’istinto di morte alimenta tutti questi sentimenti. Ho sentito interviste in cui si ipotizzava che Lubitz soffrisse di forte depressione, o di nevrosi acuta, oppure psicosi, magari anche paranoia….
E’ più destabilizzante accettare che l’istinto di morte è dentro ognuno di noi, ha grande libertà nei nostri sogni e, purtroppo, talvolta esce dai nostri sogni per divenire un incubo che dobbiamo osservare ad occhi aperti.


EXPO 2015, nutrire anche la mente



EXPO 2015 vuole essere non solo una rassegna espositiva, ma anche un processo partecipativo che intende coinvolgere numerosi soggetti attorno a un tema decisivo: Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita.

Il progetto dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia porterà il proprio contributo occupandosi della tematica della nutrizione in relazione alla mente. L’argomento generale sarà declinato attraverso l’approfondimento del ruolo della psicologia nel nutrire la mente, a fronte di ciò che, invece, può danneggiarla e minarne le potenzialità. Saranno quindi presi in considerazione diversi aspetti che possono creare un danno alla mente, sia a livello generale, sia in modo più specificatamente legato alla dimensione dell’alimentazione, nell’ottica degli interventi di prevenzione e di cura che la psicologia può mettere in campo in questi ambiti.  

L'Ordine degli Psicologi della Lombardia propone quindi due tipologie di eventi: Fuori Expo ed Expo-Zone che si realizzeranno da maggio a ottobre 2015, con l’intenzione di entrare in contatto con molteplici dimensioni sociali e culturali e di affrontare tematiche pregnanti e attuali, al fine di accogliere e di rispondere alle istanze che emergono dal territorio. 
In questa direzione gli interventi previsti per Fuori Expo si focalizzeranno su molteplici situazioni critiche che impattano sul funzionamento individuale e della società, andando a distruggere e deteriorare il pensiero e le possibilità di sviluppo, di crescita e di integrazione della mente. A partire da tematiche di cui comunemente si occupa la psicologia, ma che trovano al contempo notevole interesse nel pubblico di non addetti ai lavori, si tratterà quindi l’argomento di ciò che danneggia la mente da prospettive differenti. Tutti i temi saranno affrontati evidenziando le riflessioni, le risorse e le risposte che la psicologia, nelle sue diverse declinazioni, può mettere in campo per fronteggiare le situazioni di crisi.



Il contatto diretto con il territorio si realizzerà invece attraverso il progetto Expo-zone, in collaborazione con i Consigli di zona della città, che vedrà l’incontro tra gli psicologi e la popolazione nelle diverse zone di Milano. In questo contesto saranno affrontate problematiche specifiche e di interesse generale, attraverso un lavoro di orientamento e di promozione del ruolo dello psicologo nel fornire risposte alle diverse forme di difficoltà. Oltre ai momenti di contatto tra gli psicologi e la cittadinanza, il progetto prevede anche una serie di incontri conclusivi nelle diverse zone di Milano, aperti a tutta la popolazione e condotti da specialisti dei diversi settori. EXPO 2015 vuole essere non solo una rassegna espositiva, ma anche un processo partecipativo che intende coinvolgere numerosi soggetti attorno a un tema decisivo: Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita.

Hermann Rorschach e le "Invasioni Barbariche"



Lo psichiatra svizzero Hermann Rorschach

Durante una puntata del programma televisivo "le Invasioni Barbariche" del mese scorso la conduttrice Daria Bignardi ha utilizzato alcune tavole del test proiettivo di Rorschach per condurre l'intervista al suo ospite e lanciarsi in "interpretazioni" sulla falsariga delle risposte ottenute.
Trovo incredibile che una giornalista si permetta di utilizzare "per gioco" alcune tavole del famoso test, uno dei più importanti per la ricerca clinica e per la diagnostica di tipo proiettivo. Ogni psicologo sa quanto è difficile conoscere appieno il test di Rorschach, strumento diagnostico raffinato, che richiede però studio approfondito e lunga esperienza, per aiutare nel lavoro terapeutico.
Non si tratta di tenere segreto uno strumento, moltissimi sanno che esiste il test di Rorschach con le sue macchie in bianco e nero ed a colori, ma banalizzarlo e, soprattutto, lanciarsi in interpretazioni superficiali è davvero scorretto, pericoloso e produce "non cultura".
L'Ordine Nazionale degli Psicologi ha immediatamente diramato un comunicato per ribadire che è assolutamente inopportuna l'utilizzazione per "gioco" del test, per rispetto degli psicologi che lo somministrano e, soprattutto, per rispetto dei pazienti che si sottopongono per seri motivi clinici a questo test proiettivo.
L'ordine Nazionale degli Psicologi infine chiede a La7 di dare diffusione in modi e tempi opportuni del comunicato.



Jofi, l'amico a quattro zampe di Freud

Forse non molti sanno che Freud, durante le sedute di analisi, lasciava di buon grado il suo fidato Jofi, un Chow-chow, gironzolare per la stanza durante i colloqui, ovviamente con l'assenso del paziente.
In lingua ebraica Jofi significa “Bene, va bene” e nei suoi scritti Freud ci rivela che le ore passate vicino al fidato cagnolino erano per lui ore serene, momenti in cui poteva rilassarsi.
Jofi era un regalo di Marie Bonaparte, paziente e poi preziosa allieva di Freud, che teneva con se la sorella di Jofi, Topsy.
La principessa Marie Bonaparte vi ricordo permettè la fuga da Vienna per Londra di Freud, pagando una cifra esorbitante per consentire al Maestro di sfuggire alle persecuzioni naziste contro gli ebrei.
Possiamo capire il legame tra Freud e l'animale da uno scritto in cui egli afferma: “Le ragioni per cui si può in effetti voler bene con tanta singolare intensità a un animale come Jofi, sono la simpatia aliena da qualsiasi ambivalenza, il senso di una vita semplice e libera dai conflitti difficilmente sopportabili con la civiltà, la bellezza di un’esistenza in sé compiuta. E, nonostante la diversità dello sviluppo organico, il sentimento di intima parentela, di un’incontestabile affinità. Spesso, nel carezzare Jofi, mi sono sorpreso a canticchiare una melodia che io, uomo assolutamente non dotato per la musica, ho riconosciuto essere l’aria dell’amicizia nel Don Giovanni: "Voglio che siamo amici… del cuore”.
Freud riconosceva a Jofi la capacità di cogliere gli stati d'animo dei pazienti, più o meno illustri, che venivano in analisi a Vienna.
Jofi, se sentiva che il paziente era in ansia si allontanava da lui per accucciarsi vicino a Freud se, al contrario, percepiva tranquillità si sdraiava a fianco del paziente per facilitare il lavoro d'analisi...
Non solo, Jofi allo scadere dei 50 minuti della seduta si alzava e si dirigeva verso la porta dello studio fissando il paziente come a dire: "La seduta è finita, si accomodi..."
Utilizzo queste note su Jofi per sottolineare come sia esperienza di molti che nel lavoro con pazienti difficili, gravi o particolarmente diffidenti, l'utilizzo di un animale domestico come "medium" può davvero fare la differenza.
Non solo perché gli animali hanno una dote innata nel cogliere e leggere le emozioni umane, anche se si tenta di ingannarli, ma anche per il valore di rassicurazione, legame affettivo e compagnia che un animale consente.
Sono innumerevoli le esperienze con gatti, cani e cavalli, utilizzati per scopi terapeutici anche con pazienti gravi.
Credetemi, spesso il mio gatto capisce meglio e più velocemente di me cosa c'è nell'aria, quale emozione circola tra noi umani e da buon gattoterapeuta si da da fare per cercare di ridurre l'ansia o la tensione, con tutto il suo arsenale di miagolii, borbottii, posture ridicole, testate e fusa, per riportare gli umani alla giusta serenità..., oltretutto senza chiedere alcun pagamento, se non delle appetitose crocchette...  

L'omosessualità: condizione psicologica, scelta o malattia...




Sin dai tempi dei primi corsi di laurea in Psicologia (Padova e Roma), gli studenti di psicologia dinamica (psicoanalisi), avevano già chiaro in mente, dopo la lettura delle bellissime pagine sullo sviluppo psicologico del bambino, scritte da Freud, che l'omosessualità è una condizione dell'essere umano, per cui poco importava andare alla ricerca di elementi genetici per dimostrare non si sa bene cosa.
Nella prima parte della mia tesi di laurea avevo citato anche gli studi del biologo americano Alfred Kinsey, autore del famoso rapporto Kinsey, che consisteva in due volumi sul comportamento sessuale dell'essere umano: Sexual Behaviour in the Human Male (Il comportamento sessuale dell'uomo, anno 1948) e Sexual Behaviour in the Human Female (Il comportamento sessuale della donna, anno 1953).
Il rapporto Kinsey ebbe un effetto dirompente sulla società USA ed in Europa, anche se i risultati del suo lavoro furono considerati controversi e vi furono molte polemiche. Però il lavoro di Kinsey costrinse a mettere in dubbio conoscenze convenzionali e tabù sulla sessualità, soprattutto nella parte che metteva in crisi la convinzione che l'eterosessualità e l'astinenza fossero la norma, statisticamente nonché eticamente. Kinsey parlava di prevalenza di differenti orientamenti sessuali, e non era certo stupito di percentuali "ufficiose" che indicavano all'interno della società USA di almeno un 10% di individui gay.
Potete immaginare le reazioni dei "benpensanti" e di gran parte della società civile...!
Kinsey, molto correttamente rifiutava parole come "eterosessuale" o "omosessuale" per etichettare le persone, dato che la sessualità cambia con il tempo e si esprime sia negli aspetti fisici che in quelli psicologici come attrazione, desiderio e fantasia.
"Passano gli anni ma otto son lunghi..." Così cantava Celentano in Il ragazzo della via Gluck, orbene di anni ne sono passati tantissimi e il 17 gennaio 2015 è stato organizzato dalla Regione Lombardia il convegno Difendere la famiglia, difendere la comunità.
Orbene, le associazioni “Obiettivo Chaire” ed “Alleanza Cattolica”, (cito) "...Entrambe impegnate ad aiutare “giovani e meno giovani, feriti nella propria identità sessuale, in particolare per tendenze di natura omosessuale” e a ricercare “le cause (spirituali, psicologiche, culturali, storiche) che contribuiscono alla diffusione di atteggiamenti contrari alla legge naturale, riconoscibile dalla ragione rettamente formata”  Oltre a notare il logo dell’Expo in bella mostra sul manifesto dell’iniziativa, i partecipanti al convengo avranno modo di ascoltare un relatore d’eccezione: il Presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, invitato a concludere i lavori di questo singolare congresso pensato per chi ha a cuore la sorte e la “guarigione” dei diversamente etero.
Immediatamente tutti i giornali hanno riportato le reazioni sdegnate e le critiche non solo delle associazioni gay, ma di gran parte delle forze politiche, di intellettuali e cittadini che rifuggono questa deriva oscurantista ed omofoba...!
Chissà cosa avrebbe detto Kinsey se fosse stato presente a quel convegno... lui che era un biologo, ma anni luce avanti rispetto ad una psichiatria e ad una società pronta a "curare" i gay, per farli tornare sulla retta via, o in caso di fallimento, punirli anche con il carcere!
Nella mia pratica professionale ho seguito spesso donne o uomini "gay", alcuni all'interno di coppie stabili, molti altri alla ricerca di una relazione importante. Non li ho curati per l'omosessualità, anche se qualcuno dapprima portava ciò come questione, li ho accompagnati a trovare maggiore equilibrio ed una relazione affettiva, senza preoccuparmi se il partner portava i pantaloni o la gonna.