"La natura guarisce, il medico cura". Inizio questo mio scritto partendo dal titolo di un libro del medico e psicoanalista tedesco Georg Groddeck, considerato il fondatore della medicina psicosomatica.
Orbene questo geniale medico aveva studiato il simbolismo psicologico degli organi del corpo e curava con la psicoanalisi e la medicina naturale le malattie "somatiche", nella sua clinica di Baden-Baden.
Addirittura Freud riconobbe di essere debitore con Groddeck del termine Es, l'energia psichica che: "Rappresenta la voce della natura nell'animo dell'uomo".
Da allora tante ricerche e studi hanno dimostrato che emozioni, affetti, dolori psicologici si riversano sul corpo e lo fanno ammalare. Noi tutti abbiamo sperimentato in piccola o gran parte questa verità: se stiamo male nell'anima anche il nostro corpo sta male e viceversa...
Qui però il rapporto è chiaro e diretto, se sono triste ed abbattuto sarò con le spalle curve, senza energia, affaticato e svogliato. Non si scappa, emozioni e corpo sono complementari e connessi in maniera assoluta.
Però spesso non siamo in grado di esprimere od accettare talune emozioni, affetti o sentimenti e qui le cose si complicano. Allora si parla di somatizzazione, ovvero del fenomeno per cui una persona sperimenta una sofferenza psichica per il tramite di sintomi fisici. Questi sintomi vengono quasi sempre portati all'attenzione del medico, anche se poi tali disturbi non hanno una base organica, non si rintracciano evidenze cliniche documentabili, gli esami (ecografie, sangue, Tac) dicono poco o niente. La persona sta male, il medico non sa più che esami prescrivere, magari si va da un altro sanitario senza tanta soddisfazione e il dolore rimane!
Salto di palo in frasca, negli anni '80 a a Milano partecipai all'inizio dell'avventura di Riza Psicosomatica, rivista mensile di medicina psicosomatica, nata per mostrare il collegamento tra le emozioni ed i sintomi "somatici". Gli articoli si riferivano ai sintomi più svariati: gastriti, dolori addominali, cefalea, nausea, vomito, dolori nevralgici, paralisi agli arti, pressione "ballerina", perdita della voce, mancamenti, insonnia, calo della vista....
Orbene, negli scritti si metteva in evidenza il fatto che se delle emozioni, delle scelte importanti, delle paure non riconosciute, non avevano accesso alla nostra coscienza (consapevolezza), il corpo si ammalava e si esprimeva con un sintomo. Come se la nostra mente ci dicesse: "Non mi vuoi ascoltare? Allora il tuo corpo starà male e dovrai fare per forza qualcosa..."
Ad esempio l'emicrania è caratteristica delle persone "tutta testa", cerebrali, che cercano di controllare le proprie emozioni con processi di pensiero razionali, negando i conflitti o lo stress. Quella forma di cefalea cosiddetta muscolo-tensiva, fa riferimento a persone che hanno pensieri così "pesanti" da sovraccaricare il collo e le spalle. Si tratta di persone sin troppo responsabili con un senso del dovere eccessivo ed insopportabile.
Il mito, cui spesso si faceva riferimento negli scritti di Riza Psicosomatica, ci aiuta: ad esempio Zeus soffriva di dolorosissime cefalee e guarisce solo quando esce Atena dalla sua testa. Il mito ci insegna che occorre aprirsi la testa (la logica) e fare uscire il femminile, ovvero le emozioni, per cui testa ed emozioni assieme permettono la nascita della saggezza, incarnata della dea Atena, che noi tutti conosciamo bene perché è anche la protettrice di quel vagabondo e guerriero di Ulisse...
Ai pazienti che si rivolgono a me con sintomi psicosomatici di solito propongo la seguente prospettiva: anziché considerare il sintomo un nemico da combattere e vincere, chiedo loro di provare a capire cosa il corpo sta loro dicendo con il suo linguaggio. Considerare il sintomo un modo del corpo di dirci qualcosa per cercare delle soluzioni originali od accettare verità spiacevoli e, di conseguenza cambiare qualcosa della propria vita. Certo non è facile ed immediato ma tale prospettiva può solo portare benefici a breve e lungo termine, potrebbe consentire di rivedere decisioni e posizioni rispetto a persone e cose della nostra vita, emozionale e relazionale. Oltretutto spesso esprimere ed accettare un'emozione potente come la rabbia o la frustrazione è già di per se "curativo".
Giusto un inciso su un sintomo molto comune e faticoso da gestire: l'insonnia.
Fermo restando che capita a tutti se è un sintomo passeggero, se invece perdura allora occorre mettersi in ascolto e tentare di comprendere che cosa (emozione o persona) mi tiene sveglio ed inquieto.
Considero l'insonnia come la febbre, non è una malattia in se ma il segnale di qualcosa che non va ed è da indagare e conoscere. Quindi perché sto sveglio, che cosa non va della mia vita, che cosa desidero ma mi nego, con chi sono arrabbiato e credo di non potere fare nulla, sono troppo stanco e non riesco a "staccare", di cosa ho paura...? Ricordiamo che molto spesso più che le risposte, sono le giuste domande il vero inizio del processo di guarigione.