Guardate questo interessante filmato del Dr. Sabba Orefice, girato all'ARP di Milano
Trump e Renzi: l'invidia in politica
mercoledì 25 gennaio 2017
Perché così tanta gente, anche intelligente e colta ha votato Trump? E perché tanti italiani, anche colti e scolarizzati, paragonano Trump a Renzi?
È evidente che le posizioni di Trump su: immigrazione, donne, armi e giustizia (per non parlare della volgarità del suo linguaggio) sono enormemente più vicine a Grillo, Salvini Berlusconi, Gasparri, Meloni etc., che sono tutti contro Renzi e per il no al referendum costituzionale. Per altri versi abbiamo visto come Renzi e Obama andassero d’accordo fino all’endorsment di Obama sul referendum.
Allora perché qualcuno paragona Trump a Renzi?
Giochetti della politica? Egoismo? Paura? Certo in parte sicuramente... ma questo non spiega la totale irrazionalità del paragone e ad esempio non spiega la scelta delle donne americane di votare per Trump.
Sappiamo come la comunicazione politica faccia leva sempre sulle emozioni, per cui anche le persone più informate votano con la pancia e non con la testa...
Penso che inconsciamente il principale sentimento su cui ha fatto leva e che spiega questa irrazionalità sia l’invidia.
L’invidia, come sappiamo tutti, è molto difficile da riconoscere, non tanto negli altri, ma soprattutto in se stessi.
L’invidia è quel sentimento che ti impedisce di accettare l’invito del tuo amico nella sua bella casa al mare perché tu non ce l’hai... per cui, sostanzialmente, ti tagli i coglioni da solo e perdi l’occasione di farti un bel bagno, che tanto desidereresti!
Questo lo vediamo benissimo anche in molti pazienti, che vorrebbero farsi un bel bagno caldo e si autosabotano.
“Sono una donna in USA e non voto Hillary perché è una carrierista ed è riuscita ad arrivare fino a là! Io invece no, allora piuttosto voto chi mi fa credere che i miei insuccessi e le mie frustrazioni siano dovute ai latinos, ai neri, o alla politica ambientalista!”
“Non voto Renzi perché sono talmente invidioso di lui, del fatto che è riuscito a fare delle proposte e portarle avanti per cambiare l’Italia, che preferisco vedere solo le mancanze, assumere una posizione ipercritica e non prendere quello che c'è di buono di questa riforma.”
Si poteva fare meglio! certo, è vero! ma sappiamo che dire così è una tipica trappola per non fare passi in avanti, per cui il meglio diventa nemico del buono...
Allora la domanda diventa: Qual è l’antidoto all’invidia? Come fare a diminuirne l’intensità e la distruttività? Cosa consigliare a Renzi?
Certamente il suo essere presuntuoso (per certi aspetti inevitabile) e a tratti la sua arroganza (va moderata) e i toni assimilabili all’opposizione (rottamare le persone) alzano il livello di invidia, e questo non aiuta...
Nella mia esperienza di candidato psicoanalista, la pazienza è la nostra unica arma, la resistenza, giorno per giorno, per contrastare queste parti della popolazione e della nostra personalità che tendono sempre a slegare, a rompere, a togliere significato agli sforzi per cambiare, che non si assumono le responsabilità della propria vita, per poi compiacersi che non c’è nulla da fare, in modo da poter imprecare ancora una volta che il mondo va sempre peggio!
L’invidia è una brutta bestia perché non ci fa sentire il desiderio di quel bagno al mare che tanto vorremmo, ma ha come contropartita il fatto di non farti sentire desideroso e quindi fragile, piccolo e incompleto. Come ogni essere umano è!
Lo scritto è a firma di Davide Rosso, tratto da Pratica Psicoterapeutica, rivista semestrale di clinica psicoanalitica e psicoterapia, (n° 15-dicembre 2016) il cui direttore è l'amico e collega Roberto Carnevali.
L'ho volutamente pubblicato dopo il referendum e le dimissioni di Renzi, per non entrare nello scontro SI o No al referendum....
Lavorare nella Regione PACA
venerdì 13 gennaio 2017
Da quando sono arrivato a Nizza, poco alla volta sono stato contattato, in quanto psicologo, da giovani italiani che lavorano nella fascia tra Mentone e Cannes, oltre che nell'importante polo scientifico di Sophia Antipolis.
Giovani ricercatori, ingegneri, biologi o chimici che lavorano in aziende private ad alta tecnologia o presso i numerosi laboratori di ricerca del polo di Sophia Antipolis oltreché da Amadeus.
Quali difficoltà hanno espresso queste persone peraltro capaci, preparate, abituate ad agire in contesti europei e non solo: una certa inerzia nell'inserirsi nel contesto lavorativo francese, difficoltà riferite ai rapporti tra colleghi e con i superiori, soprattutto se francesi.
Direte voi che queste tematiche sono presenti in qualunque attività lavorativa ed in ogni paese europeo (volendo limitarci alla nostra cara vecchia Europa), ed è certamente vero, però dopo avere ascoltato le parole di tante persone, mi sono fatto l'idea di un contesto lavorativo, quello francese, per molti versi estremamente formale e con talune rigidità che, soprattutto per noi italiani, davvero sono difficili da comprendere e maȋtriser, come dicono qui.
Da qui lievi sintomi come difficoltà a dormire, ansia, gastriti, poca voglia di socializzare, nostalgia di casa pur sapendo che da noi e soprattutto nelle regioni del sud trovare lavoro è pur sempre difficile.
Troppi giovani lamentano che, se noi siamo abituati a parlare e giungere (o almeno tentare) di giungere ad una decisione comune, sia che si tratti di colleghi, superiori o gruppi di lavoro dedicati, troppo spesso l'unica risposta ad un problema è un giro di mail o un'indicazione fatta calare dall'alto, che dovrebbe sistemare il tutto, ma non risolve nulla.
Mi sono fatto l'idea che la relazione tra le persone troppo spesso è sostituita da formali papers, mail, fogli Excel, chiavette USB con i compiti da fare a casa, invece che un sano ed a volte duro confronto, faccia a faccia.
Talvolta anche gli incontri in diretta sono fonte di frustrazione, come nella storiella paradigmatica appena ascoltata: un ingegnere sicuramente capace e creativo (ebbene si anche gli ingegneri sono creativi!), con una ottima padronanza dell'inglese, dato che ha lavorato alla mitica Intel negli Stati Uniti per anni, doveva incontrare il capo francese per una impasse su un aspetto tecnico del lavoro.
Colloquio iniziato in inglese, è la lingua di lavoro e la documentazione tecnica è scritta in tale lingua.
Ad un certo punto quando il capo si è trovato in palese difficoltà tecnica, di colpo ha preteso di parlare in francese, lingua che il nostro giovane ingegnere conosce certo non così bene....
Il nostro ha immediatamente capito che il cambio di lingua significava per lui passare da una posizione di ragione ad una posizione di inferiorità che lo ha costretto sulla difensiva.
L'incontro si è concluso con un "nulla di fatto", il problema non è stato risolto e tra queste due persone la distanza "umana" si è accentuata, così pure la diffidenza (da entrambe le parti) e si è persa un'occasione.
E' vero siamo rumorosi, gesticoliamo, ci facciamo prendere dalle emozioni a ragione ed a torto, siamo "casinisti" e ci piacciono cose e luoghi belli....
Ma, come mi diceva un giovane ingegnere napoletano che lavora a Sophia Antipolis: "...Dottò, gli ingegneri francesi sono bravi ma noi italiani siamo meglio, eccome...!"
Per amore di patria evito di affrontare il tema dei giovani "cervelli" (e non solo giovani, ovviamente) che vogliono-devono lasciare l'Italia, dato che è una ferita aperta per noi tutti.
P.S. Ultimo episodio: penso alle parole di un insipiente Ministro della Repubblica, che non nomino ma che tutti noi sappiamo chi è....
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