Il 13 maggio del 1978 veniva promulgata la legge n° 180 in tema di "Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori". Tale legge è comunemente conosciuta come Legge Basaglia, dal nome dello psichiatra che si era tanto battuto per la riforma dei manicomi in Italia.
Ma chi era Franco Basaglia? Nato a Venezia nel 1924, studia medicina a Padova e poi si specializza in malattie nervose e mentali. Per me, padovano di studi, ha sempre
rappresentato una figura mitica di "rivoluzionario" psichiatra,
coraggioso medico capace di umanizzare una istituzione "totale" come il
manicomio.
La rivoluzione di Basaglia ha
origine nell'anno 1961, poco dopo la libera docenza in psichiatria,
quando rinuncia alla carriera universitaria per dirigere l'ospedale
psichiatrico di Gorizia.
Lui stesso descrive l'impatto con la realtà ospedaliera di Gorizia traumatico e durissimo, i malati sono sedati farmacologicamente, contenuti (legati), lasciati in stanzoni a vegetare...
Sconvolto, sente di dovere affrontare questa realtà di emarginazione. E' molto colpito dall'esperienza della comunità terapeutica di Maxwell Jones e decide con altri giovani medici di trasformare l'ospedale psichiatrico da luogo di alienazione a spazio di cura e parola per i pazienti ricoverati.
Getta alle ortiche il vecchio "strumentario" di cura: massicce dosi di farmaci, contenzione ai letti, elettroshock, porte chiuse a chiave...
I medici ed il personale tutto si rapportano ai malati soprattutto con la parola, d'ora in poi i pazienti saranno trattati come uomini e donne in crisi, persone sofferenti con la loro imprescindibile dignità.
Non solo, successivamente Basaglia introduce all'interno dell'ospedale atelier di pittura e teatro e una cooperativa di lavoro che coinvolge e retribuisce i malati.
Questa rivoluzione si concretizza nel libro "L'istituzione negata", dirompente volume che si colloca storicamente proprio nell'anno 1968.
Per Basaglia il manicomio va chiuso e vanno realizzati servizi sul territorio per avvicinare i malati mentali, senza strapparli dal contesto sociale e familiare in cui vivono.
In questo senso il manicomio aveva sempre nascosto allo sguardo dei cosiddetti "normali" i "matti", la malattia mentale, creando una barriera di fatto invalicabile e rassicurante per i "sani".
nel 1973 Basaglia passa al manicomio di Trieste e ne diviene direttore. Nello stesso anno fonda il movimento Psichiatria Democratica, che darà spazio a tanti giovani psichiatri, convinti che nella relazione tramite la parola con i pazienti, si nasconde un potente elemento della cura.
Basaglia ha creato le condizioni, soprattutto politiche, per la promulgazione della famosa legge 180, che il Parlamento Italiano approva nel 1978, legge ancora in vigore per l'assistenza psichiatrica.
Successivamente Basaglia è chiamato a Roma a dirigere i Servizi Psichiatrici della Regione Lazio.
Come non ricordare anche Franca Ongaro, moglie di Basaglia e sua instancabile collaboratrice, e dopo la sua morte divulgatrice del suo pensiero, anche politico, come senatrice.
Lui stesso descrive l'impatto con la realtà ospedaliera di Gorizia traumatico e durissimo, i malati sono sedati farmacologicamente, contenuti (legati), lasciati in stanzoni a vegetare...
Sconvolto, sente di dovere affrontare questa realtà di emarginazione. E' molto colpito dall'esperienza della comunità terapeutica di Maxwell Jones e decide con altri giovani medici di trasformare l'ospedale psichiatrico da luogo di alienazione a spazio di cura e parola per i pazienti ricoverati.
Getta alle ortiche il vecchio "strumentario" di cura: massicce dosi di farmaci, contenzione ai letti, elettroshock, porte chiuse a chiave...
I medici ed il personale tutto si rapportano ai malati soprattutto con la parola, d'ora in poi i pazienti saranno trattati come uomini e donne in crisi, persone sofferenti con la loro imprescindibile dignità.
Non solo, successivamente Basaglia introduce all'interno dell'ospedale atelier di pittura e teatro e una cooperativa di lavoro che coinvolge e retribuisce i malati.
Questa rivoluzione si concretizza nel libro "L'istituzione negata", dirompente volume che si colloca storicamente proprio nell'anno 1968.
Per Basaglia il manicomio va chiuso e vanno realizzati servizi sul territorio per avvicinare i malati mentali, senza strapparli dal contesto sociale e familiare in cui vivono.
In questo senso il manicomio aveva sempre nascosto allo sguardo dei cosiddetti "normali" i "matti", la malattia mentale, creando una barriera di fatto invalicabile e rassicurante per i "sani".
nel 1973 Basaglia passa al manicomio di Trieste e ne diviene direttore. Nello stesso anno fonda il movimento Psichiatria Democratica, che darà spazio a tanti giovani psichiatri, convinti che nella relazione tramite la parola con i pazienti, si nasconde un potente elemento della cura.
Basaglia ha creato le condizioni, soprattutto politiche, per la promulgazione della famosa legge 180, che il Parlamento Italiano approva nel 1978, legge ancora in vigore per l'assistenza psichiatrica.
Successivamente Basaglia è chiamato a Roma a dirigere i Servizi Psichiatrici della Regione Lazio.
Come non ricordare anche Franca Ongaro, moglie di Basaglia e sua instancabile collaboratrice, e dopo la sua morte divulgatrice del suo pensiero, anche politico, come senatrice.
Così pure vorrei ricordare Giovanni
Jervis, altro psichiatra formatosi con Basaglia all'ospedale di Gorizia,
di cui ho studiato con grande passione il "Manuale critico di
psichiatria".
Vorrei anche ricordare l'ottimo film prodotto da Rai Uno: "C'era una volta la città dei matti...", dell'anno 2009, che narra l'esperienza di Franco Basaglia e la drammatica realtà degli ospedali psichiatrici prima della legge 180.
Vorrei anche ricordare l'ottimo film prodotto da Rai Uno: "C'era una volta la città dei matti...", dell'anno 2009, che narra l'esperienza di Franco Basaglia e la drammatica realtà degli ospedali psichiatrici prima della legge 180.
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