Roberto è convinto che alcune vicende familiari del suo passato lo hanno turbato e gli hanno lasciato delle fragilità emotive. Non si è mai sentito di affrontare tutto ciò negli anni ma da qualche mese ha conosciuto una ragazza, di cui è innamorato e sente giunto il momento di iniziare una psicoterapia.
E' implicito in ciò il seguente ragionamento: ho nella mia storia personale delle vicende che mi hanno fatto soffrire ma è giunto il tempo di affrontare i miei fantasmi per potere vivere appieno la mia relazione con Carmen. Come dire: meglio tardi che mai, ma gli esseri umani sono fatti così...
Questa è una "classica" domanda di terapia che può ricevere uno psicologo magari come inizio di una psicoterapia.
Però le cose possono complicarsi: Roberto racconta che sta bene con Carmen, entrambi gioiscono dell'essersi incontrati, oltretutto in terra straniera (guarda caso in Francia) e stanno pensando entro pochi mesi di affittare un appartamentino e andare a convivere.
Roberto, pur convinto di "dovere guardare" dentro di sé vorrebbe che anche Carmen partecipasse ai colloqui, dato che talvolta non si "capiscono" ed hanno momenti di freddezza, superati poi per l'amore che sentono l'uno per l'altra.
Ora la domanda di Roberto si articola diversamente, non c'è solo lui che chiede di fare dei colloqui, vorrebbe coinvolgere anche Carmen, che però sa non essere disposta a recarsi da uno psicologo per timore e vergogna.
La posizione dello psicologo è chiara e netta: se una persona non se la sente di partecipare va assolutamente rispettata la sua volontà, pur consapevoli di eventuali pregiudizi e timori.
Roberto chiede anche allo psicologo di "convocare" Carmen (a fin di bene ovviamente!) ma il terapeuta lo invita, all'interno della coppia a porre la questione come un proprio desiderio o bisogno, senza forzare Carmen, tanto in questo modo sarebbe solo inutile e fonte di ulteriore diffidenza.
Roberto per alcuni mesi viene da solo ai colloqui pur occupando gran parte della seduta nel racconto della relazione con Carmen. Spesso si lamenta che la sua ragazza proprio non lo vuole accompagnare in seduta perché è convinto che una "terapia di coppia" sarebbe molto meglio per loro e cerca di "forzare" lo psicologo a vedersi tutti e tre assieme.
In queste situazioni mi oriento così: ogni caso è a sé, ritengo non esista una soluzione giusta ed una sbagliata. Lavoro con la persona che mi ha chiesto i colloqui, cerco poi di sondare la disponibilità del partner e in caso negativo prendo atto di ciò. Se il partner si rivela possibilista, con l'assenso della persona che è già in cura, fisso un colloquio che potrebbe essere individuale o di coppia se le persone, ovviamente, sono concordi.
Questo passaggio potrebbe essere preliminare ad un cambiamento di setting quindi trasformare la psicoterapia da individuale a terapia di coppia, oppure lasciare invariato il quadro clinico.
Se siete curiosi vi dico che Roberto continua il suo percorso individuale dato che Carmen, sino ad oggi, non ha voluto seguirlo in seduta.
Vedremo poi...
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