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Si è conclusa la seconda fase della ricerca Humanitas per valutare l'impatto della pandemia sulla salute ed il benessere mentale, che riporto con interesse.
Nel giugno scorso è terminata anche la seconda fase dello studio per valutare l’impatto della pandemia da COVID-19 sulla salute e il benessere mentale della popolazione italiana e mondiale, il gruppo di ricerca ha potuto analizzare i dati finora raccolti. Condotta dal Dipartimento di Scienze Biomediche di Humanitas University, insieme al Centro di Medicina Personalizzata sui Disturbi d’Ansia e di Panico di Humanitas San Pio X, l’indagine è stata guidata dal Prof. Giampaolo Perna e coordinata dalla Dott.ssa Daniela Caldirola, al fine di poter evidenziare i bisogni e le necessità a cui rispondere. L’indagine si avvale di un questionario online, approvato dal Comitato Etico di riferimento, con l’obiettivo di raggiungere il maggior numero di persone (non personale sanitario) che in forma anonima e volontaria desiderino collaborare allo studio attraverso la compilazione del questionario.
«L’elaborazione dei nuovi dati, in combinazione a quelli precedenti, è stata orientata a valutare l’insorgenza di sintomi psichiatrici clinicamente significativi e l’individuazione dei fattori che possono avere contribuito a tale insorgenza, in tutti coloro che avevano riportato di non aver mai avuto una diagnosi di disturbo psichiatrico nel corso della vita – spiega il Professor Perna. Abbiamo inoltre valutato in che misura la pandemia abbia modificato lo stile di vita e la qualità delle relazioni personali sull’intero campione raccolto. Le persone che finora hanno partecipato allo studio sono 3532 (2379 nella prima fase e 1153 nella seconda), di cui il 57.6% ha completato l’intero questionario. Le nostre analisi hanno mostrato che, tra coloro che avevano dichiarato di non mai avere avuto nella vita una diagnosi di disturbo psichiatrico, l’8% dei partecipanti nella prima fase e un ulteriore 8% dei partecipanti nella seconda fase, ha riportato una sintomatologia depressiva clinicamente significativa insorta durante la pandemia. Sintomi ansiosi che potrebbero essere indicativi dell’insorgenza di un disturbo d’ansia sono stati trovati in circa l’11% dei partecipanti sia nella prima sia nella seconda fase. Sintomi suggestivi di un possibile disturbo di panico sono emersi nell’ 1.2% e 3% dei partecipanti nella prima e seconda fase, rispettivamente. Sintomi clinicamente significativi di disturbo post-traumatico da stress sono emersi nel 2% dei partecipanti nella prima fase e nel 3.4% nella seconda. Infine, il 6.2% dei partecipanti nella prima fase e il 3.8% nella seconda ha riportato sintomi significativi di tipo ossessivo-compulsivo disturbanti e interferenti con la qualità di vita. Questi dati suggeriscono che, globalmente, un numero considerevole di italiani ha sviluppato sintomi psichiatrici di interesse clinico durante la pandemia».
I disturbi psichiatrici sono aumentati, anche in chi non aveva mai avuto problemi prima
«Per valutare quali fattori abbiano influito nell’insorgenza di tale sintomatologia abbiamo impiegato una tecnica complessa di analisi basata sull’apprendimento automatico (machine learning) – continua il professore. I fattori che sembrano aver contribuito maggiormente allo sviluppo di una sintomatologia psichiatrica clinicamente significativa, in soggetti senza una storia precedente di disturbi psichiatrici, sono le caratteristiche personali di bassa resilienza verso lo stress, essere studenti universitari, avere un’intensa paura di trasmettere il COVID-19 ad altre persone, aver provato un intenso stress per le restrizioni imposte a tutti i cittadini per il contenimento della pandemia, aver cessato di praticare attività fisica a causa della pandemia, e vivere da soli.
Lo studio ha inoltre evidenziato che, nel corso dei primi otto mesi della pandemia, molti Italiani hanno riportato un peggioramento dello stile di vita e delle relazioni interpersonali e familiari. In particolare, circa il 20% ha riportato insonnia significativa, il 17% ha aumentato il consumo di nicotina e l’11% quello dell’alcool, il 46% ha diminuito l’attività fisica e il 10% l’ha smessa del tutto, il 68% ha diminuito la soddisfazione sessuale, il 70% ha peggiorato la relazione con il partner e ha avuto più difficoltà nella gestione dei figli. Infine, circa il 20% ha iniziato ad utilizzare ansiolitici e il 16% ha iniziato l’uso di antidepressivi».
Dati i nostri risultati emerge quanto sia utile continuare il monitoraggio delle conseguenze a medio e lungo termine della pandemia COVID-19 sulla salute mentale e il benessere generale. Ciò può dare inoltre un contributo utile per identificare possibili fattori di rischio.
I dati emersi suggeriscono che attività di prevenzione, sostegno e cura del benessere mentale siano di grande importanza per aiutare quella consistente parte di italiani che ha particolarmente risentito della pandemia dal punto di vista emotivo.
A tutela del benessere mentale attuale e futuro della popolazione, è importante monitorare l’andamento nel tempo dei livelli di stress e malessere emotivo, anche a distanza dal picco più acuto dell’emergenza sanitaria. Per effettuare il monitoraggio è stato utilizzato un questionario anonimo e volontario che viene riproposto a distanza di mesi alle stesse persone per valutare eventuali differenze nelle risposte.
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