Riporto un estratto dal libro "THE OUTBREAK OF CORONAVIRUS
DISEASE 2019 - A PSYCHOLOGICAL PERSPECTIVE" del Dr Daniele LUZZO,
membro di APSI, sugli aspetti psicologici della pandemia.
Il virus diffusosi nel 2019 ha non solo creato una pandemia biologica ma
altresì una pandemia psico- socio-culturale.
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© APSI
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Elementi legati alla psicologia, sociologia e antropologia hanno
giocato un ruolo significativo nella diffusione della malattia.
Lo scoppio della nuova patologia da coronavirus (Sars-Cov-2) ampiamente
noto come Covid-19, è stato inizialmente segnalato a Wuhan, in Cina (Li
et al., 2020). Entro il 29 settembre 2020, aveva infettato 33.384
milioni di persone in tutto il mondo, uccidendo più di 1 milione di
individui (fonte database online Johns Hopkins). Il virus altamente
contagioso (Paules, Marston e Fauci, 2020) ha costretto le Nazioni ad
adottare misure straordinarie in cui un terzo della popolazione mondiale
è stata costretta a rimanere in isolamento a casa, uno strumento di
sanità pubblica senza precedenti messo in atto per ridurre la diffusione
dell'epidemia e per consentire al sistema medico e sociale di adattarsi
per affrontare questa nuova sfida.
Per la prima volta nella storia una parte così grande dell'umanità è
stata costretta a ridurre la propria mobilità, senza che questo fosse
correlato a uno stato di guerra o disordini civili.
Diverse nazioni hanno adottato differenti strategie di confinamento ma
ogni Stato ha dovuto imporre il blocco attraverso la repressione
pubblica (pagamento di una multa o intervento di controllo di polizia)
perché c'era una generale mancanza di volontà di seguire queste misure
di sanità pubblica (nonostante le prove che queste decisioni governative
abbiano aiutato a rallentare la diffusione del virus) (Bonardi et al.,
2020).
"Il peso psicologico posto sulla popolazione potrebbe essere enorme, per
non parlare delle complicazioni economiche dirette che ne derivano che
denotano anche stress psicologico, come la paura delle persone di
ritrovarsi disoccupate" (Kim e Zhao, 2020)
In effetti, le Nazioni Unite sollevano l'attenzione sull'imminente crisi
di salute mentale che potrebbe originarsi dalla pandemia Covid-19
(Nazioni Unite, 2020).
Queste osservazioni portano ad analizzare la crisi sanitaria da un punto di vista psicologico sotto due diversi angoli:
- 1) Come gli elementi psicologici (oltre che sociali e culturali) hanno contribuito alla diffusione del virus
- 2) Quali saranno le conseguenze psicologiche del post-crisi e quali
azioni dovrebbero essere messe in atto per prevenire questi effetti.
Alla prima questione possiamo rispondere innanzitutto evocando i bias
cognitivi che hanno influenzato i leader nella gestione della pandemia.
Questi bias hanno portato i decision-makers a compiere gli stessi
errori che sono stati fatti durante il management della crisi di Ebola o
di altre pandemie.
Il bias cognitivo influisce sul processo decisionale e introduce
errori nell'elaborazione delle informazioni e sulle reazioni emotive
determinando il nostro comportamento. (Haselton, Nettle e Andrews,
2015).
Questi fattori inconsci hanno influenzato e stanno influenzando il
processo decisionale dei governi, sono pregiudizi che influiscono sui
leader e sui responsabili della salute pubblica nelle loro scelte
durante le emergenze.
Il nostro cervello deve elaborare i dati esterni alla massima
velocità per reagire prontamente ai pericoli esterni. Considerando
l'enorme quantità di stimoli che raggiungono i nostri sensi ogni
secondo, la nostra mente deve semplificare il flusso costante di dati;
vengono quindi automaticamente messe in atto dal nostro cervello una
serie di filtri, iper-semplificazioni e generalizzazioni per consentire
una rapida interpretazione del mondo (Wilke e Mata, 2012). Tuttavia,
aumentare la velocità delle informazioni porta a errori: stereotipi,
pregiudizi cognitivi, illusioni della memoria, gli errori sono il prezzo
da pagare per elaborare i segnali in modo rapido (Pronin, 2007).
Soprattutto durante una crisi, il sistema cognitivo privilegia la
velocità all'accuratezza e l'imprecisione nell'interpretare la realtà ha
normalmente un effetto limitato sulle nostre possibilità di
sopravvivenza.
Purtroppo, in caso di crisi nazionali questi bias cognitivi
possono influenzare la presa di decisioni e condurre la popolazione e i
governanti ad adottare comportamenti inappropriati. L'epidemia di Covid-
19 in corso è un esempio di come decisioni sbagliate basate su errori
cognitivi hanno facilitato la diffusione di una pandemia, tra i molti
bias cognitivi che hanno contribuito alla diffusione del virus possiamo
ricordare:
Confirmation bias, Normalcy bias, Agent detection, Anchoring,
Plan continuation bias, Reactance, Peltzman Effect. Curse of knowledge,
Dunning–Kruger effect, Neglect of probability, Optimistic bias, System
justification theory, Naïve realism.
Per una analisi dettagliata di come questi bias cognitivi abbiano
contribuito alla diffusione del Covid- 19 si rimanda al libro da cui
questo articolo è tratto (Luzzo 2021).
Un secondo strumento che avrebbe potuto ridurre la diffusione del
virus, ma che non è stato utilizzato è lo studio del Crowd Behaviour
(Comportamento della folla). Lo studio del crowd behavior nelle
emergenze di massa ha migliorato la comprensione della reazione delle
persone di fronte alle crisi (Drury, 2020). L'approccio dell'identità
sociale offre la possibilità di prevedere i comportamenti individuali e
prevedere le loro reazioni. Inoltre, la psicologia sociale avrebbe
potuto essere utilizzata come strumento per spostare l'identità
condivisa da un punto di vista antagonista verso un approccio più
collaborativo attraverso misure di salute pubblica (Drury e Reicher,
2018).
L’Italia ci offre un esempio pratico di come la psicologia
sociale e il crowd behavior avrebbero potuto rallentare la diffusione
del virus: quando il governo italiano annunciò il blocco dei trasporti
si verificó una migrazione di massa dalle regioni settentrionali (dove
il virus era altamente presente) verso le regioni meridionali (quasi
prive di Covid). Questo comportamento aumentò notevolmente la diffusione
del Covid in Italia, creando tensioni sociali tra gli italiani del sud e
gli italiani del nord. L'utilizzo di conoscenze afferenti alla scienza
sociale, psicologia sociale e sociologia avrebbe potuto suggerire un
modo migliore per gestire la salute pubblica nazionale. Si sarebbero
potute adottare misure preventive se i direttori della sanità pubblica
italiana avessero considerato un approccio più socio-psicologico. Si
sarebbero potute adottare misure di prevenzione come il bocco dei
trasporti nel Sud Italia o una lunga campagna mediatica preventiva per
sensibilizzare la popolazione italiana. Infine, anche se le misure
preventive non avessero avuto successo, a causa di fattori
imprevedibili, gli esperti
nelle scienze sociali avrebbero potuto programmare una serie di azioni
per ridurre la tensione tra la popolazione del Nord e del Sud del Paese.
Per quanto riguarda la seconda questione, vi sono ampie ricerche
sulle conseguenze psicologiche di eventi traumatici. (McFarlane, 2010).
La pandemia del 2020 rappresenta un grande evento stressogeno per gran
parte della popolazione mondiale, imponendo uno stress prolungato su
ogni aspetto della vita. Simboleggia una grande sfida non solo
psicologica ma anche fisica. McFarlane (2010), evidenzia una alterazione
dell'eccitazione corticale e delle anomalie neurormonali come
conseguenze di uno stress traumatico prolungato. Il disturbo
post-traumatico da stress (PTSD) è associato a "dolore
muscoloscheletrico cronico, ipertensione, iperlipidemia, obesità e
malattie cardiovascolari". Inoltre, il disturbo post-traumatico da
stress a insorgenza posticipata porta a uno sviluppo ritardato dei
sintomi fisici e psicologici. Perciò, la malattia Covid-19 avrà
conseguenze di lunga durata sul servizio sanitario pubblico e importanti
ricadute sulla salute mentale che avranno un impatto sul bilancio
nazionale. Esistono già prove di traumatizzazione nella popolazione
generale dovuta all’epidemia e i governi dovrebbero preparare le risorse
adeguate per far fronte al futuro aumento della domanda di servizi di
salute mentale, nonché alle malattie fisiche legate a un cattivo stato
di igiene mentale.
La razza umana non è solo un organismo fisiologico ma anche
psicosociale. Durante la pandemia Covid-19, così come durante l'epidemia
di Ebola, i provvedimenti nazionali sono stati presi sulla base di un
modello biologico con un occhio attento alle conseguenze politiche ed
economiche. Quel tipo di decisioni sono state solo parzialmente efficaci
perché non basate su un approccio olistico. Vorremmo offrire una chiara
indicazione che è necessario ripensare la risposta al Covid-19 e
organizzare una serie di politiche per offrire una risposta sanitaria
completa. Esperti nel campo delle scienze sociali, come psicologi,
sociologi e antropologi dovrebbero svolgere un ruolo essenziale nella
creazione e direzione di nuovi programmi di salute pubblica. Le loro
azioni dovrebbero rappresentare un insieme integrato e coordinato di
operazioni per prevedere il comportamento delle popolazioni e degli
individui, organizzando il miglior processo decisionale. Parallelamente,
il governo dovrebbe stimolare gli esperti in campo sociale a
partecipare attivamente alle discussioni pubbliche sui media, fornendo
contesto e conoscenza alla popolazione generale.
La pandemia è determinata dall'economia, dalla politica, dalla
salute pubblica e dal comportamento sociale e ciascuna di queste aree
dovrebbero essere ugualmente coinvolte attraverso esperti nella
preparazione e nello sviluppo di un piano d'azione efficiente.
Conclusione
Abbiamo analizzato tre elementi legati al campo psicologico che
potrebbero portare ad una migliore gestione della crisi sanitaria: bias
cognitivi, comportamento di folla e conseguenze psicologiche di eventi
traumatici. Tuttavia, altri elementi basati sulla conoscenza delle
scienze sociali potrebbero fornire una visione più ampia ai leader. La
cultura crea la normativa sociale a cui ogni membro deve aderire per
essere integrato e plasma la reazione degli individui in risposta alle
decisioni politiche e governative.
Il leader deve tenere conto dei principi di salute mentale nella
creazione di politiche di salute pubblica con un duplice punto di vista:
- 1) Come il processo psicologico ha un impatto sugli stakeholder e sulla popolazione
- 2) Quale misura preventive dovrebbe essere applicate per affrontare
il disagio psicologico nella popolazione nel presente e nel futuro.
Il primo punto potrebbe essere affrontato creando due sottogruppi
consultivi nel processo decisionale: uno con l'obiettivo specifico di
valutare se qualche aspetto psicologico stia influenzando il processo
decisionale e un altro con l’obiettivo di valutare le conseguenze
psicosociali della decisione finale, prevedendo il comportamento futuro
della popolazione. Questi sottogruppi dovrebbero essere composti da
esperti riconosciuti nel campo delle scienze sociali.
Il secondo punto dovrebbe considerare le conseguenze sulla salute
mentale e sul benessere dei cittadini e preparare il sistema medico a
far fronte a una domanda crescente. Pertanto, le risorse appropriate,
sia finanziarie che logistiche, dovrebbero essere pianificate in
anticipo. Il sotto- investimento nella salute mentale dovrebbe essere
prontamente corretto. Il personale adeguato dovrebbe essere già
identificato e se l'attuale capacità delle risorse umane risultasse
inadeguata per far fronte a una futura insorgenza di sostegno
psicologico e psichiatrico, una formazione adeguata dovrebbe essere
creata per preparare le risorse tecniche necessarie in caso di un
deterioramento della salute mentale a lungo termine.
© Dr Daniele LUZZO