Photo: Elena Leya da Unsplash |
Avevo conosciuto Lucia tanti anni fa quando lavoravo all'ABA di Milano, l'associazione per lo studio e la cura dell'anoressia e bulimia. Era giunta da noi molto sottopeso, sfiduciata da anni di cure mediche che non avevano sortito alcun risultato, con i farmaci prendeva un po' di peso, poi nei mesi successivi tornava magrissima senza mai appetito.
Mi aveva colpito sin da subito la sua intelligenza, aveva studiato fisica laureandosi brillantemente e dopo una permanenza negli USA per un master aveva iniziato a lavorare al CERN di Ginevra.
Racconta che la sua vita era fatta di giornate pienissime in laboratorio compresi i fine settimana, giusto a casa per dormire e lavarsi, nessun contatto con esseri umani a parte i fugaci scambi con i colleghi. Non aveva bisogno di mangiare, qualche yogurt, lattughe e barrette energetiche alla bisogna.
Dopo un anno così un giorno non si presenta al lavoro, i colleghi preoccupati la cercano a casa e trovano in stato confusionale, non si regge in piedi e la fanno ricoverare in ospedale. La diagnosi è severa: cachessia anoressica. I genitori vanno a prenderla a Ginevra e la portano a Milano al S. Raffaele per le cure del caso, con un ricovero di quattro mesi per cui è costretta a lasciare il lavoro.
Ovviamente riprende peso, "bombata" di farmaci e con alimentazione forzata. Ma la sua testa rimane "anoressica", non le interessa mangiare, non le serve!
Viene dimessa con la promessa (forzata) di farsi seguire da un centro specializzato, dato che ha rischiato di morire ed ovviamente non è in grado di capire quando la sua situazione fisica è al limite, con i familiari angosciati che non sanno più che fare con lei.
Ricordo ancora la sua prima seduta al mio gruppo ABA del lunedi alle 18. Entra e saluta le altre ragazze, è molto formale e cortese, si siede in modo composto ed osserva con i suoi occhioni le altre partecipanti.
Tace a lungo ed ascolta i racconti, poi mi chiede se può parlare. Ovviamente si, ed ha modo di narrare la sua storia pur a grandi linee. Mi colpisce anche la sua memoria, riesce a ripetere tutto quanto detto dalle altre ragazze e da me come se avesse registrato, è impressionante!
Non ispira simpatia, le altre ragazze sono un po' in soggezione per il suo modo di fare distaccato e che lascia cadere dall'alto le sue parole. Passano i mesi di terapia di gruppo e Lucia sembra li di passaggio, si capisce bene che ascolta (e registra) tutto ma in cuor suo pensa di trovarsi con delle poverette sempliciotte e lamentose, lo psicologo poi dice solo banalità... Anch'io provo sentimenti controversi, mi fa molta pena ma anche rabbia per il suo modo sussiegoso di porsi nelle relazioni. Una seduta ingaggia uno scontro "culturale" con me, ha letto tutto Freud (che ovviamente ricorda benissimo) e cerca di mettermi in scacco. Cado nel tranello per qualche battuta poi riesco a "riprendermi" dato che faccio il terapeuta, non sono li per operazioni di potere o scontri con le pazienti!
Mentre dice con orgoglio al gruppo che conosce Freud meglio di me, in modo del tutto inaspettato Gaia si alza dalla sedia e si mette di fronte a lei e a "muso duro" le urla di smettere di fare la stronza, ha rotto le scatole a tutto il gruppo ed al terapeuta, non la sopportiamo più...
Anch'io sono sorpreso dalla reazione di Gaia, poi cala un silenzio densissimo nel gruppo. Dopo un po' Lucia cambia faccia, inizia a tremare, mentre piange balbetta qualcosa e chiede aiuto. Alcune ragazze si alzano e la abbracciano mentre Gaia, che l'aveva affrontata con decisione, si inginocchia davanti a lei e le prende le mani.
Lucia piange calde lacrime, non la smette più, singhiozza e chiede aiuto... La terapia si conclude in anticipo sull'orario definito, Lucia viene accompagnata a casa dal suo gruppo, anch'io sono colpito e scosso da quanto accaduto.
Da quel momento Lucia "torna sulla terra" sta male, ha bisogno di aiuto, ha paura di morire e non sa che fare. Il gruppo la tratta con affetto e lei stessa si rende conto che da sola non potrà fare niente di buono per se, la sua intelligenza la porta a flirtare con la morte e il suo corpo non sente fame, sete e dolore.
Lucia per oltre un anno lavora nel gruppo mostrando che oltre alla sua testa ha anche un'anima ed un corpo, infatti prende un po' di peso e non viene più percepita come la "fredda e distaccata stronza" che aveva impersonato nei tempi passati.
Quando sta meglio decide di interrompere la terapia, nonostante la contrarietà delle compagne e mia.
La perdo di vista per anni, notizie frammentarie la danno al lavoro in Inghilterra o negli USA...
Un giorno ricevo un messaggio WhatsApp: "... Sono Lucia, si ricorda di me? Sono di passaggio a Milano e vorrei salutarla..." Ci incontriamo in studio e Lucia si presenta con un fagottino in braccio. E' Thomas il bimbo che ha avuto un anno fa con il suo compagno, anch'egli un fisico conosciuto al lavoro al Caltech di Pasadena.
Non posso nascondere la gioia di quell'incontro, vedere Lucia con il bimbo ha del "miracoloso". Ma le sorprese non sono finite, sotto al mio studio l'aspetta Gaia, sono rimaste sempre in contatto e sono molto "vicine" emotivamente...
P.S. Lo scritto è redatto nel rispetto del Codice della Privacy, GPDP - Regolamento UE 2016/679.
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