Témoignage de Corinne


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J'ai été anorexique vers l'âge de 14 ans, suite à une réflexion de la part de ma mère mais je pense qu'elle était déjà présente latente. Je me suis retrouvée avec un poids de 32 Kilos toute vêtue, je refusais toute nourriture et lorsque j'avalais un peu plus,  j'allais me faire vomir.  Le docteur a décidé une hospitalisation urgente, un mois enfermée à l'hôpital sans aucune visite encore moins  celle de ma mère. Je suis sortie avec un poids qui me maintenait  en vie . L'anorexie a duré jusqu'à l'âge de 45 ans avec des crises de boulimie . Je me donnais au sport et a 23 ans j'ai passé un brevet d'état d'éducateur sportif , je continuais mes crises avec prise de laxatifs , un cauchemar que je gardais pour moi , un lourd secret. J'ai eu trois enfants le seul moment ou j'allais bien ; mes grossesses. Anorexie , je me sentais connecter avec des sources spirituelles , j'avais  développé le dessin, l'écriture , je travaillais trés bien à l'école une forme d'intelligence se développait. J'ai honte de dire qu'il m'arrivait d'être merveilleusement bien , sereine. Lorsque mes crises arrivaient j'avais l'habitude de dire la "petite voix du diable" car mon mental me torturé  atrocement , il me fallait vomir vomir et encore vomir. A l'âge de 30 ans j'ai commencé à faire du Yoga , je me suis sentie connecter à mon corps et pendant une dizaine d'années , je me suis orientée vers l'étude du Yoga , il m'a sauvé la vie , je trouvais le moyen de me comprendre , de m'accepter ,  de faire un lien entre le corps physique , le corps émotionnel et surtout de faire un gros travail sur moi même . Aujourd'hui  je suis enseignante de Yoga et Psychopraticienne en psychosomatique, je ne crois pas au hasard , la vie est faite de rencontres, d'obstacles qui nous permettent d'évoluer vers le mieux . 

J'ai toujours un rapport particulier avec la nourriture, je ne suis plus anorexique ou boulimique mais il y a encore une limite que je ne dois pas dépasser je le sais. J'ai fait de l'anorexie une amie plus du tout  une rivale et ca m'a aidé à la vaincre . le Yoga, differents sports sont toujours mes armes de guérison surtout le Yoga e la méditation.

Mon souhait serait d'être un soutient à toutes les personnes anorexiques par mon témoignage, mon vécu, mes pratiques. 

Corinne Satya Granet

Giulia e la taglia 38

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Desidero presentare uno spaccato di lavoro di gruppo in una seduta molto importante per Giulia, una ragazza decisamente “sottopeso” che desidera sfilare come modella.

Giulia racconta un episodio appena accaduto:
“Voi sapete che fare la modella e lavorare nella moda è quello che voglio fare, il mio sogno… alcune settimane fa c’erano le sfilate a Parigi e mi sono saltati dei lavori con alcuni stilisti per un motivo che secondo me è assurdo! E cioè perché quando sono andata al provino hanno scoperto che la taglia 38 mi andava larga e i vestiti mi cadevano da tutte le parti, così, anziché tenerli su riempiendomi di spille hanno detto brutalmente che ne avrebbero presa un’altra e per me questa cosa è inconcepibile!”
Giulia, che nel frattempo ha iniziato a piangere, gesticola nervosamente e parla in modo concitato e confuso, quasi incomprensibile, continuando a ripetere che quanto è successo non ha senso, che quando lei ha visto le sfilate di Parigi le modelle in passerella erano tutte magrissime, per cui non è possibile che lei non vada bene.
"E' assurdo! E' vero che le modelle mie amiche hanno qualche forma in più di me, magari hanno un pò di seno, o la vita leggermente più segnata...però...io vorrei una prova concreta che non vado bene altrimenti non riesco a crederci!"
Le altre ragazze del gruppo affermano timidamente che, forse, è la sua visione della realtà ad essere distorta, perché le modelle non sono tutte magre, mentre lei aspira solo ad essere sempre più magra.
La ragazza replica che essere una modella e una ballerina è sempre stato il suo unico scopo, che le modelle hanno rappresentato, per lei, l’ideale da raggiungere, “Prima perché erano belle, poi perché erano alte, e poi perché erano ossa… Oddio, non ho mai detto queste cose ad alta voce!”
Sempre piangendo Giulia ripete che essere una modella è l’obbiettivo che si era prefissa fin da bambina, quando sfilava davanti allo specchio con le scarpe con i tacchi alti della madre e per tutta la sua adolescenza, durante la quale riempiva interi diari con i suoi sogni di futuri successi nella moda e nella danza. Fino al momento in cui a quelle pagine, in cui raccontava con entusiasmo i suoi progetti ma anche la sua vita di allora, con i divertimenti, le amicizie e gli innamoramenti tipici di quell'età, si erano sostituite a poco le liste degli alimenti che aveva assunto durante la giornata e l'argomento principale, se non l'unico, di cui scriveva era divenuto il cibo.
La ragazza ricorda che nell’agenzia per cui lavorava le avevano detto che il suo fisico era “troppo muscoloso” e che per sfilare avrebbe dovuto essere più esile e in un provino a danza era stata rifiutata perché era “troppo grassa”.
"Tutto quello che volevo sono riuscita a ottenerlo quando sono dimagrita! E questa per me era una prova tangibile del fatto che questa era la strada giusta! Ho sempre pensato che una volta che fossi stata magra, avrei potuto fare quello che desideravo da sempre e adesso mi dicono che non vado più bene! Anche il mio agente mi ha detto che se voglio lavorare nella moda devo entrare almeno nella 38, ma io non voglio mettere su materia se poi…”
Sara le dice: “Ma se sei venuta qui al gruppo di terapia, se hai deciso di curarti, vuol dire che ti sei spaventata, che ti rendi conto di stare male…”
Giulia dice: “Sì, mi sento malata nella testa, ricordo di essermi spaventata quando mi sono resa conto di come erano cambiati i miei diari nel tempo e ricordo di aver telefonato a Soremax il giorno dopo averli riletti…e poi so di avere dei comportamenti che non sono normali…per il mio rapporto con il cibo che non è come quello degli altri, per tutte le mie manie, le mie ossessioni… però se mi chiedessero “vuoi dimagrire 10 chili?” io risponderei subito di sì, “E di 15?” risponderei sempre sì, così almeno se ingrasso di 5 chili sono sempre sotto di quei dieci che ho perso prima!”       
Federica le chiede: “Ma sei felice?”
Giulia scuote la testa.
Federica e Alessandra spiegano a Giulia che deve pensare solo a come si sente e a quello che la rende felice, che guarire e, quindi, ricominciare a mangiare, significherebbe poter fare ciò che le piace. Giulia replica che mangiare la fa sentire male, che le fa “Bruciare la pancia”.
Federica aggiunge: “Ma è perché non sei più abituata! Non ti stiamo dicendo di riprendere come prima tutto d’un tratto! Potresti ricominciare gradualmente a mangiare qualcosa che adesso non mangi e magari ingrassare di quei due chili che ti farebbero rientrare nella 38 in modo da poter lavorare nella moda come desideri…”
Giulia: “Ma io se mangio ingrasso! IO INGRASSO! Assimilo tutto, lievito, mi gonfio! Lo so già! Ho già provato! Mi sento pienissima e non riesco a fare più niente, né a ballare, né a studiare, né a fare altro! Non posso mangiare niente durante il giorno! Se è mezzanotte sì, perché poi vado a dormire, ma durante il giorno non posso assolutamente mangiare… Ho la testa nella pancia! Cioè se ho la pancia piena è come se non avessi niente nella testa! ”

Il terapeuta interviene: “Giulia ha ben descritto la sua enorme paura, se mangia qualcosa perde il controllo ed ingrassa, ma non prende cento grammi, diventa una balena in men che non si dice!"

Ecco la vera paura anzi il terrore di una ragazza che è ormai abituata all’anoressia restrittiva, ovvero prendere peso e, perdendo il controllo che prima aveva, aggiungere chili ai chili senza più potersi fermare e quindi “vedersi” grassa, enorme e sgradevole.

Giulia fissa intensamente il terapeuta e sembra colpita da ciò che ha detto, poi scoppia a piangere. Le altre ragazze cercano di consolarla ma Giulia sembra un fiume in piena, singhiozzando riesce solo a dire che non ce la fa più, sta male e si sente finita…
Da quel momento Giulia, aiutata e rassicurata dalle compagne, inizia ad usare degli integratori alimentari e mangia piccole quantità di cibo, per lei prima impossibili da assumere.
Il gruppo permette a Giulia di avere punti di riferimento importanti, ragazze che come lei si sono confrontate con la paura di ingrassare, di perdere il controllo e diventare obese in men che non si dica.
La seduta ha rappresentato per Giulia un passaggio essenziale e le ha consentito di iniziare ad affrontare la vera paura di ingrassare senza controllo. Con l’aiuto dell’esperienza, della solidarietà e dell’affetto delle compagne di gruppo non si sente più sola ed impotente verso il cibo. Poco alla volta si accorge che il cibo non è fuori controllo, può mangiare qualcosa e non iniziare la corsa verso l’obesità…


Il testo è redatto nel rispetto del Codice della Privacy-GDPR-regolamento UE 2016/679





 

 

Soremax, association sans but lucratif (loi 1901) se consacre à la prévention et au soutien des personnes atteintes de troubles alimentaires, anoressie, boulimie et obésité (TCA).

Un groupe d'écoute gratuit pour filles et garçons est actif chaque samedi à 16h à Nice.
Pour plus d'informations et inscriptions visitez le site: 
 
 

 

 

 

 

 

 

Groupe d'écoute gratuit pour filles et garçons


 

© Soremax

Soremax, association sans but lucratif (loi 1901) se consacre à la prévention et au soutien des personnes atteintes de troubles alimentaires, anoressie, boulimie et obésité (TCA).

Un groupe d'écoute gratuit pour filles et garçons commence le samedi 9 novembre à 16h à Nice.
Pour plus d'informations et inscriptions visitez le site: 
 

Ivan

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Ivan sin da bambino è stato sovrappeso dato che mangiava con gusto tutto quello che gli veniva messo nel piatto. Da adolescente poi era francamente obeso, il che aveva comportato episodi sgradevoli di bullismo da parte dei compagni di scuola. La madre era intervenuta presso gli insegnanti che però avevano minimizzato i fatti sino a che la madre aveva deciso di togliere Ivan dalla scuola per trasferirlo in un istituto privato cattolico. Situazione migliorata per Ivan che però mangiava sempre in eccesso senza sapersi “limitare”. La madre è sempre stata ambivalente con Ivan: lo invitava a controllarsi però preparava tutti i piatti che il ragazzo desiderava oltre a merendine e dolci vari. Gli unici scontri in famiglia erano tra Ivan ed il padre, anch’egli sovrappeso, che però voleva impedire al ragazzo di continuare così.
Il padre aveva anche preso per Ivan un appuntamento presso un centro specializzato sui disturbi alimentari cui era seguito un ricovero estivo di quasi tre mesi. Nel corso del ricovero Ivan era riuscito, con sua grande sorpresa, a perdere peso e normalizzare i parametri del sangue, ovviamente fuori scala.
Alla ripresa della scuola Ivan è un bel ragazzo, desideroso di mantenere il suo corpo in forma, vista la fatica fatta per perdere quei tanti chili di troppo. Si sta avviando ai suoi diciotto anni con spirito positivo ed essendo appassionato di calcio fa i provini per entrate nella squadra del suo paese. Riesce ad essere preso ed è estremamente contento, oltretutto una sana attività fisica lo aiuta a mantenersi in forma ed a mangiare in modo più sano.
Passa un anno molto positivo dal punto di vista scolastico e sportivo, in più è attratto da una ragazzina vicina di casa, dolce e simpatica. In breve cominciano a frequentarsi e sono una coppia tenera e gioiosa. Ivan riesce a mantenere il suo peso “forma”, certo ogni tanto si abbuffa di dolci ma sono piccoli cedimenti “sotto controllo”.
La positività del momento è scossa dalla notizia che la ragazzina deve lasciare il paese al seguito della famiglia, dato che i genitori, guardiani in una villa, devono seguire i proprietari in una città lontana.

I due giovani riescono a vedersi ancora per un pò, faticosamente, poi la ragazza decide di chiudere la storia con Ivan anche perché sembra abbia simpatia per un ragazzo appena conosciuto nella città in cui si sono trasferiti.
Il nostro Ivan è sconvolto, si sente tradito, abbandonato e deluso. Dapprima si chiude in un mutismo che spaventa i genitori, lascia gli allenamenti sportivi e riprende a mangiare in modo compulsivo.
Spesso non va a scuola, a casa è passivo e annoiato e mangia, mangia, mangia…
I genitori sono disperati, ipotizzano un nuovo ricovero al centro per i disturbi alimentari ma Ivan si oppone con tutte le sue forze. Continua il braccio di ferro in famiglia, Ivan perde l’anno di scuola a causa delle troppe assenze e prende sempre più peso.
Ma un episodio fa precipitare il tutto: un giorno nel mentre di una discussione con la mamma Ivan le da una spinta e la donna nel cadere si rompe un polso. Tragedia; la mamma è scossa ed Ivan di più, non voleva certo farle del male! Il padre rientra dal lavoro, accompagna la moglie al pronto soccorso ed ha uno scontro violento con Ivan, addirittura si mettono le mani addosso.
A questo punto il padre da un ultimatum ad Ivan, dato che non studia andrà a lavorare con un amico che è muratore ed appena possibile uscirà di casa.
Un vicino di casa cerca di fare da paciere ed ospita a casa sua per un pò il ragazzo, nel mentre ci interpella e chiede di proporre qualcosa come Soremax.

Dato che l’unica persona di cui Ivan si fida è il vicino di casa, sfruttiamo ciò per riuscire ad incontrarci una prima volta. Il colloquio è teso, Ivan appare molto aggressivo e totalmente non collaborativo dato che pensa i genitori lo vogliano “spedire” nuovamente al centro sui disturbi alimentari. Gli parliamo del progetto Soremax che non prevede ricoveri ma lavoro psicologico e “educazione alimentare” per persone come lui che utilizzano il cibo non (solo) per nutrirsi ma per coprire una mancanza o una sofferenza profonda.
Ci chiede di pensarci su per un pò, senza promettere niente.
Passa quasi un mese e francamente pensavamo non avrebbe mai risposto. Invece ci chiama per fissare un incontro, sempre con la presenza del vicino di casa, che con grande sensibilità sta aiutando Ivan come fosse suo figliolo.
Concordiamo con Ivan un piano di terapia sul versante psicologico, ovviamente, ed un accompagnamento sul cibo nel senso di imparare a conoscere il valore degli alimenti, il sapore, il colore, l’odore e gli abbinamenti. Accompagnamento che mette in secondo piano le calorie, gli zuccheri o il peso del cibo assunto per privilegiare il piacere che il cibo stesso dovrebbe rappresentare per ciascuno di noi.
Si, il piacere del cibo, non nemico, problema, difficoltà o quant’altro. Se il piacere torna ad essere centrale nell’assunzione del cibo si è costretti ad affrontare ciò che ci può togliere questo piacere, ovvero una sofferenza che potrebbe essere legata al senso di vuoto, alla tristezza, all’impotenza, alla noia od alla perdita di senso della vita.
Lavoriamo con Ivan in questo senso ed ovviamente lo stimoliamo a riprendere ciò che gli piaceva molto: tornare a giocare nella sua squadra di calcio. I compagni di squadra l’hanno accolto con grande gioia ed è stato molto di aiuto ad Ivan per riprendere una vita “normale”.
Ora è necessario lavorare per “ricomporre” la famiglia, dopo i difficili trascorsi.
La mamma di Ivan è disponibile, ovviamente, mentre il padre è ancora arrabbiato e deluso dal comportamento del figlio.
Prevediamo alcuni incontri tra i genitori ed Ivan, tutti assieme dapprima in nostra presenza poi solo tra loro. È un lavoro faticoso e delicato, con alti e bassi tra padre e figlio, che sembrano pacificarsi poi, di colpo, tornano ad essere "cane e gatto”. La “guerriglia” continua sino a quando il padre offre ad Ivan la possibilità di rientrare a casa, con la promessa (beninteso) di contenersi nel mangiare e scusarsi per tutto quello che ha fatto loro patire.
È una specie di periodo di prova per Ivan che in cuor suo desidera davvero riuscire per il bene suo e dei suoi genitori.
Ebbene il “periodo di prova” è stato superato ed Ivan, con l’accompagnamento alimentare, riesce a contenersi con il cibo ed è molto contento di avere ritrovato il suo posto nella squadra di calcio… ed in famiglia.
Ivan finiti gli studi superiori decide di iscriversi all’Università al corso di Scienze Motorie, per dare conto della sua passione per il calcio e, come dice lui: “… Anche per ringraziare i miei genitori per tutto quello che hanno fatto e fanno per me…”


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I genitori di Amelie e Manon

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Laure ed Eric sono i genitori di Amelie di diciassette e Manon di quindici anni.
È una famiglia serena in cui la comunicazione tra i membri è buona e nel tempo non vi sono mai stati problemi di sorta. Certo le due ragazze adolescenti iniziano la loro “ribellione” verso l’autorità genitoriale ma è un fatto del tutto normale nel processo di crescita delle giovani.
Nei confronti della scuola le ragazze sono molto diverse: Amelie non ha voglia di studiare dato che appena potrà vuole andare a lavorare per avere maggiore autonomia ed andare a vivere per conto proprio. Manon invece è molto studiosa ed ha già chiaro cosa vorrà fare da grande: la veterinaria per dare conto della sua passione per gli animali.
Spesso le due ragazze escono assieme con comuni amici e nel gruppo di pari hanno i loro primi flirt ed entrambe parlano delle loro “storielle” con la mamma. Un bel giorno Amelie conosce un ragazzo straniero che fa di tutto per stare con lei. All’inizio Amelie non è interessata ma la corte serrata del ragazzo la porta ad accettare.
Amelie ed il giovane si frequentano per alcuni mesi e Manon viene a sapere che il ragazzo frequenta brutte persone ed è ambiguo, dato che ha interesse anche per lei!
Una sera le due sorelle hanno uno scambio piuttosto acceso proprio a causa del ragazzo, Amelie pensa che la sorella sia solo gelosa e non crede assolutamente a quanto le dice per metterla in guardia. Lo scontro è violento, addirittura Amelie dice che appena possibile andrà a convivere con il ragazzo. Per la prima volta la famiglia è confrontata ad uno scontro tra Amelie, mamma, sorella e papà. Amelie non vuole sentire ragioni, andrà a convivere con il ragazzo dato che entro poche settimane sarà maggiorenne e non è possibile impedirglielo.
Detto fatto Amelie esce di casa nel dolore di tutti, soprattutto Manon che si sente sia colpevole che responsabile di quanto accaduto alla sorella. Non solo, Amelie risponde con difficoltà a telefonate e messaggi dei genitori ed è molto arrabbiata con la sorella che non riesce più a parlarle.
Manon risente moltissimo dell’uscita di casa della sorella, salta alcune volte la scuola, è svogliata e mangia poco dato che ha sempre “mal di stomaco” e difficoltà a digerire.
In breve Manon perde peso vistosamente, mangia solo qualche barretta proteica per non svenire ed è francamente depressa.
I genitori sono molto preoccupati e per il tramite del loro farmacista, con cui hanno confidenza, sentono parlare di Soremax.
Ci contattano pieni di dolore e delusione per quanto accade alle loro figlie, la grande fuori di casa con un ragazzo di cui sanno pochissimo e che appare ben poco affidabile, la piccola in piena anoressia e depressione.
Incontriamo due persone addolorate, spente, ferite che si sentono totalmente impotenti nei confronti delle figliole così tanto amate e che non “riconoscono” più.

Il lavoro con i genitori passa per il senso di impotenza, di colpa e per la rabbia, molto pericolosi dato che non permettono loro di agire, proporre soluzioni e smarcarsi da possibili ricatti delle figlie.
Dapprima lavoriamo sui sensi di colpa dei genitori che si materializzano nella tragica domanda: “… Che cosa (noi genitori) abbiamo sbagliato con le nostre figlie…?”  

Proprio nulla Laure ed Eric, essere genitori è un mestiere difficilissimo e non vi è alcuna garanzia di riuscita!
Nella fattispecie non possiamo dire che Laure ed Eric siano stati cattivi genitori, emotivamente distanti. Anzi, sempre attenti, presenti e disponibili al dialogo con la ragazze. Dialogo che è rimasto vivo sino ai primi flirt delle ragazze, che divengono sempre momenti “esplosivi” per via della sessualità che si affaccia per le giovani.
Per Amelie l’incontro con il ragazzo ha comportato un “terremoto” emotivo che ha portato ad una separazione con i familiari, vissuti come ostacolo alle sue scelte di vita.
Prendere consapevolezza di questo permette a Laure ed Eric di attenuare il loro senso di impotenza, ridurre la delusione (e la rabbia) che vivono a proposito delle vicende in atto. Concordiamo con Laure ed Eric di tenere una posizione ferma ma “civile” con Amelie, è la sua vita e deve fare esperienza anche con il ragazzo.
In pratica “alleggerire” la tensione con Amelie perché rimanga aperto un canale di comunicazione tra la ragazza ed i familiari.
Per quanto riguarda Manon proponiamo ai genitori un percorso di terapia per la ragazza che ha vissuto malissimo l’uscita di casa della sorella per cui si sente in colpa dato che il loro violento litigio ha riguardato il ragazzo di Amelie.
Tentiamo anche un’operazione ardita e chiediamo alle due sorelle un incontro in nostra presenza per un tentativo di “pacificazione”. É un azzardo, ne siamo convinti, ma lo proponiamo ugualmente. Il tentativo fallisce, Amelie non è disponibile e non se ne fa nulla.
Andiamo avanti con il lavoro per alcuni mesi sino ad un’inattesa svolta: Amelie ci chiede di potere parlare con noi. Accettiamo senza indugio, curiosi di cosa possa avere mosso la ragazza a farci tale richiesta. L’Amelie che incontriamo è triste e ansiosa dato che il suo ragazzo esce spesso la sera con gli amici e non la coinvolge, oltre a ricevere un sacco di messaggi di ragazze e questo la ingelosisce tantissimo. In breve Amelie ora considera in ben altra luce le parole di Manon, non scaturite da gelosia ma da una sincera preoccupazione per la sorella.
Si susseguono una serie di incontri in cui cerchiamo al massimo di essere “neutrali”, per consentire a tutti i membri della famiglia di verbalizzare preoccupazioni, aspettative ed anche rabbia per gli accadimenti. Riproponiamo l’incontro tra le due sorelle, in uno scenario del tutto mutato. Riteniamo utile che siano solo le due ragazze ad incontrarsi, senza la nostra presenza, ora di certo ingombrante.
Amelie e Manon ci dicono che l’incontro è stato molto utile, emozionante ed avvio di un chiarimento e di una pacificazione, desiderata e sperata da entrambe.
Non solo, Manon è assolutamente convinta di non vedere mai più il ragazzo che l’ha fatta soffrire  (con la sua “complicità) con cui dovrà fare i conti, evidentemente. Le due sorelle tornano a casa insieme, tra la sorpresa e gioia dei genitori! L’unità familiare può ricomporsi, senza recriminazioni ma con la grande voglia di guardare avanti tutti assieme.
A parte uno spiacevole strascico dovuto a dei tentativi di contatto da parte dell’ex ragazzo di Manon, che la ragazza fronteggia con il pieno appoggio dei familiari, il quadretto familiare si rasserena.

Le direttrici del lavoro terapeutico ora vedono Amelie confrontarsi con il suo desiderio di emancipazione dalla famiglia senza però avere ancora gli “strumenti emotivi” per non cadere in situazioni come quella vissuta con l’inaffidabile ragazzo.
Per Manon invece il lavoro verte sulla ridda di emozioni legate ai sensi di colpa per avere messo a parte la sorella di quanto aveva saputo del ragazzo, pur a fin di bene, con il feroce scontro seguito che aveva rotto l’alleanza e complicità delle ragazze.
Anche la ricomposizione del quadro familiare consente a Manon di affrontare il cibo in un modo più sano, lentamente riprende a mangiare e torna ad un peso più adeguato.
In uno degli incontri Manon ci dice che il suo non mangiare era sia una punizione per avere fatto stare male Amelie, sia un modo per essere meno attraente per i ragazzi vissuti come “predatori” ed inaffidabili che, di certo, non guardano una tutta pelle ed ossa…!

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Anna ed il suo passato

 

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Anna è una giovane italiana di 28 anni che da quattro anni vive in Francia, a Nizza.
La ragazza è sempre stata molto fotogenica al punto da riuscire a pagarsi l’affitto e gli studi universitari con servizi fotografici che le permettevano di mantenersi senza fatica. Per un po’ di tempo aveva pensato di “lanciarsi” nel mondo dello spettacolo ma, saggiamente, aveva preferito investire negli studi universitari di lingue straniere.
Proprio nel corso degli studi all’Università per Stranieri di Perugia, Anna aveva conosciuto Vincent. Era scattata la scintilla tra i due giovani ed al termine degli studi di Vincent in Italia la ragazza aveva deciso di seguirlo a Nizza ed era iniziata la loro convivenza.

Anni appaganti sia dal punto di vista relazionale che lavorativo, sino al momento in cui avevano seriamente pensato ad un figlio. Anna rimane incinta in breve tempo e la gravidanza prosegue senza difficoltà. Nasce una bimba e la coppia è al “settimo cielo” per la gioia.
La città di Nizza che inizialmente era gradevole ed offriva tanti servizi per una coppia con una bimba piccola, alla lunga si rivela “faticosa” da vivere tanto da far progettare alla coppia un trasferimento in un villaggio lontano una trentina di chilometri da Nizza. Il lavoro da remoto permette alla coppia di gestire al meglio il trasferimento, contenti della loro piccola ma gradevole casetta con un po’ di giardino.
La gioia per la bimba non riesce a togliere ad Anna la sofferenza per avere preso molti chili durante la gravidanza, peso che non è riuscita a ridurre nei mesi successivi.
Anna tiene sempre molto al suo aspetto fisico e si rende conto che l’eccesso di peso le fa vivere male il suo essere donna e madre… Ne parla con Vincent, che inizialmente sottovaluta la sofferenza di Anna, poi comprende che è un argomento troppo delicato e doloroso per la sua compagna.

Anna si forza a tentare varie diete, inefficaci, dato che ha sempre appetito, anche se le è chiaro che spesso mangia per noia.
Decide di consultare un nutrizionista che le propone un piano molto curato e personalizzato che però riesce a seguire solo per pochi mesi, con sua grande delusione.
Anna disperata parla un giorno con la sua sorellina minore che la “fulmina” con un trucco vecchio come il mondo. Le dice: “… Mangia quello che vuoi e poi va a vomitare senza farti vedere da Vincent. All’inizio non è facile, però poi riuscirai con grande facilità…”
Anna non ci aveva pensato, è un’idea grandiosa, potrà mangiare poi vomitare e tornare a piacersi e guardarsi con serenità allo specchio.
In breve tempo il peso sembra tornare quasi normale, Anna si sente forte e “vincente”, tanto non fa del male a nessuno!
Il “trucco” funziona per più di un anno sino a quando Vincent, che sospettava qualcosa, la trova in bagno a vomitare e ne rimane molto scosso.
Momenti molto tesi tra i due, Anna minimizza ma Vincent è spaventato e consapevole della sofferenza della sua compagna.
Dopo una nottata di parole, chiarimenti, emozioni e pianti Vincent propone ad Anna di chiedere un aiuto di coppia e decidono di contattare Soremax.
I primi colloqui evidenziano un legame di coppia forte ed autentico, Anna e Vincent si amano e sono davvero “complici” oltre ad essere genitori attenti e premurosi con la loro piccola.
Ma qualcosa di “opaco” traspare dalle parole di Anna in riferimento alla sua adolescenza: è sempre stata una bellissima ragazza, alta, sportiva, dinamica e con gran voglia di vivere e viaggiare.
Con difficoltà proviamo ad approfondire alcune esperienze un po’ forti del suo passato e vista la delicatezza della tematica preferiamo vedere Anna separatamente da Vincent, la terapia psicologica non è certo guardare dal buco della serratura ma prendere consapevolezza della propria storia personale. Ci dice Anna: “… Per un certo periodo ho utilizzato droghe leggere, alcool, ed avuto rapporti promiscui con ragazzi incontrati nei miei viaggi in Europa…”
In questo spazio protetto Anna ricorda un episodio con un ragazzo incontrato durante un viaggio in nord Europa, non ricorda bene, la memoria forse l’inganna ma qualcosa di brutto certo è accaduto. Lo si deduce dagli effetti: per qualche mese dopo il viaggio era molto nervosa, irascibile ed aggressiva. Soprattutto aveva smesso di mangiare, sino all’amenorrea e non voleva essere toccata da nessun ragazzo. Faticosamente ricorda che un ragazzo l’aveva costretta ad un rapporto senza il suo consenso. Per paura aveva lasciato fare il giovane ma poi era stata molto male e… ora ricorda bene, aveva vomitato per tutta la notte per lo spavento e lo schifo.
La vergogna le aveva impedito di parlare di quanto accaduto con i familiari e le amiche, che in effetti l’avevano messa in guardia da comportamenti sin troppo “disinvolti” con ragazzi appena conosciuti.
Ora Anna può e deve lavorare su questo suo trauma e soprattutto sugli effetti dello stesso. Sta a lei rompere il segreto e decide di parlarne con Vincent. È un racconto doloroso e sofferto, tra i pianti, quello che Anna confida a Vincent che è assai colpito e reagisce con un abbraccio fortissimo che lega ancor di più i due ragazzi.
Rotto il terribile segreto di quell’episodio e di un passato che vorrebbe cancellare e di cui sente di dovere mettere a parte Vincent, Anna passa delle settimane che definisce come in catalessi. Si sente spenta, senza forze ed energie psicologiche mentre Vincent le è di grande aiuto e segue quasi totalmente la bimba.
Dopo una fase di alcune settimane di anoressia, Anna riprende lentamente a mangiare ma è terrorizzata di non essere in grado di “tenere dentro” il cibo ma dovere correre in bagno a vomitare.
Per venire incontro a tale paura proponiamo un accompagnamento proprio sul cibo: scelta di cosa mangiare, preparazione fatta da Anna stessa, cottura e poi… in tavola, senza badare a calorie, zuccheri e pesature varie. Ciò è fatto proprio per aiutare Anna a valorizzare la percezione del cibo, il sapore, la fragranza, il gusto, il colore e non la quantità che per lei è associata al dovere poi andare a vomitare per “liberarsi” di ciò che ha mangiato.
Si tratta di un lavoro delicato e molto personalizzato che permette ad Anna di scoprire il cibo in una luce assai diversa da prima ovvero esperienza di gusto e sapore e non quantità, zuccheri o calorie che per lei sono inaccettabili.
Anna è sorpresa di questo approccio che le permette di “imparare” un modo nuovo di mangiare, dolcemente, senza fretta o forzature dato che il peso è l’ultimo pensiero per Soremax, semmai la diretta conseguenza di una ritrovata serenità che può riflettersi anche sul cibo e sul benessere della ragazza.

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Chiara e la sua bulimia


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Chiara è una ragazza trentenne che si è appena sposata. Per il marito prova dei sentimenti che non aveva mai provato per nessuno prima, tanto da ritenerlo proprio l’uomo della sua vita.
Dice: “…Per il momento va abbastanza bene… Certo abbiamo avuto qualche contrasto, ma penso sia normale in ogni matrimonio…”

La ragazza consulta Soremax perchè vuole risolvere il problema che la tormenta da tanti anni: la bulimia. Fa delle abbuffate di ogni cosa le capiti a tiro, poi presa dai sensi di colpa va a vomitare, ripromettendosi di non farlo più, invano. Mette in relazione l’esordio del suo disturbo con quelli che definisce “gravi problemi familiari”, originati dal fatto che la madre e le figlie avevano dovuto seguire il padre che per il lavoro era stato costretto a trasferirsi lontano da casa.
Trasferimento del tutto sgradito dalle donne di casa, ed oggetto di aspre discussioni in famiglia. Il trasferimento: “…Ha creato tanti problemi familiari, ci sono state ripercussioni per tutti e io mi sono presa sulle spalle i problemi di tutta la mia famiglia”. La ragazza continua raccontando di aver sempre avuto un “bellissimo rapporto” con la madre, alla quale, a causa delle difficoltà attraversate dalla famiglia, si è legata ancora di più: “Per la mamma è stato molto difficile perché trasferendosi ha dovuto lasciare tutte le sue amiche e quando è arrivata nella nuova cittadina non conosceva nessuno, era completamente sola…” Chiara continua: “…La mamma ha riversato su di me tutte le sue frustrazioni attaccandosi ancora di più di quanto già non fosse…mi ricordo che anche quand’ero più piccola facevamo tutto insieme, l’accompagnavo dappertutto… Ma a me non pesava, perché, ripeto, ho sempre avuto un rapporto meraviglioso con lei…con mio padre meno, perché l’ho sempre sentito più distante… Comunque, nello stesso periodo in cui ci siamo trovati ad affrontare questa situazione veramente pesante, è successo anche che mi sorella è rimasta incinta, ha provato a vivere per qualche mese con questo ragazzo, poi ha visto che non andava ed è tornata a casa con la bambina. Papà non voleva ma mia mamma ha insistito tanto ed è riuscita nel suo intento… Ed io mi sono sempre fatta carico di tutti i problemi della mia famiglia…” Non solo, al padre qualche anno dopo viene diagnosticata una cardiopatia che lo porta ad avere serie complicazioni fisiche e getta tutta la famiglia in grave preoccupazione.

Chiara all’inizio gestiva, di fatto, tutta la famiglia poi non è più riuscita ed è lì che si è ammalata. Dapprima era anoressica, poi ha cominciato a mangiare e vomitare e dedica almeno un’ora al giorno ad abbuffarsi, a volte capita anche più volte al giorno. Chiara ha provato a imporsi di smettere, invano, è come una dipendenza,  però più mentale che fisica, ci dice. Quando ha incontrato il futuro marito si è innamorata follemente di lui ed in pochi mesi hanno deciso di sposarsi.
“…Sposandomi credevo di risolvere in quel modo tutti i miei problemi, perché provavo un sentimento che non avevo mai provato prima, invece non è stato così… Ad essere onesta all’inizio credevo che il matrimonio mi avrebbe aiutato molto a risolvere la mia bulimia”.

Chiara dice che ha subito parlato al marito del suo problema. L’uomo molto comprensivo si è reso assolutamente disponibile ad aiutarla, sentendosi in colpa perché a causa del suo lavoro (in proprio come idraulico) spesso è via di casa tutto il giorno sino a tardi.
“…Forse questa è una difficoltà del nostro matrimonio, il fatto che ci vediamo poco, intendo, ma la mia bulimia non c’entra con lui, non è colpa sua, è un problema mio e voglio assolutamente risolverlo, perché a 30 anni ormai sono stanca…”

Di fatto Chiara continua ad occuparsi della famiglia di origine e del bimbo della sorella dato che la mamma del piccolo deve andare al lavoro. Per il fatto che Chiara non lavora (la mantiene il marito) si sente “obbligata” ad occupare il suo tempo a seguire gli altri senza mai lamentarsi.
Il lavoro terapeutico comincia a dare i suoi frutti e Chiara ammette che è davvero stanca di correre per gli altri, tenuto conto poi che quando è lei ad avere bisogno nessuno l’aiuta. Ci dice questo delusa e infastidita, quasi sorpresa di pensare e sentire così. Dapprima chiede al marito di accettare un’offerta di lavoro come impiegato presso un’officina, il che gli permette di fare orari di ufficio e smettere di lavorare sino a tardi, sabato compreso.
Riesce anche a dimezzare gli impegni con il nipotino e si ripromette di non passare tutti i giorni dalla mamma, che le trasmette tristezza e sconforto per via delle difficili condizioni del padre.
Chiara in un “momento di follia”, come dice lei, si iscrive per prendere la patente,  dato che prima non aveva potuto per motivi economici.
La patente le permette di recuperare un’autonomia insperata, spesso va dalle poche amiche che ha e visita dei paesini vicino. Inoltre si compra un bel set per dipingere con l’acrilico, tecnica semplice per una principiante come lei.
La pittura è sempre stata una passione per Chiara, passione che ha sempre dovuto lasciare da parte sino ad oggi.
Si iscrive ad un corso base di disegno, poi ad una serie di lezioni sulla tecnica dell’acrilico, poi ad un corso sulla pittura ad olio, che ritiene la tecnica più confacente per lei.
Con la sua macchinetta si può permettere di seguire i corsi, fare visita ai familiari e dedicare del tempo a sé, in una ritrovata (e meritata) indipendenza.
Un bel giorno Chiara ci dice che è incinta, non sta più nella pelle dato che pensava fosse già tardi vista la sua età!
La gravidanza, anzi la gioia della gravidanza le da una forza immensa e sente ora di essere capace di “tenere a bada” il sintomo bulimico, che già si era assai ridotto nei mesi precedenti.
Chiara passa una gravidanza senza difficoltà ed il rapporto con il cibo è quasi normalizzato, evita alcuni alimenti ma per lei è davvero una grande vittoria, mangiare e non dovere correre a vomitare.
Chiara in seduta dice: “… Si sente spesso prima il dovere e poi il piacere, io aveva fatto di queste parole i miei comandamenti, di fatto mi ero imprigionata senza speranza…”

Nella storia di Chiara emerge subito la centralità del rapporto tra la ragazza e la madre, che lei definisce “bellissimo”, ma che ha all’apparenza tutte le caratteristiche di una dipendenza reciproca, all’interno della quale Chiara è stata collocata dalla madre stessa nel ruolo di suo partner, andando così ad occupare il posto del padre e caricando sulle proprie spalle il peso della famiglia e dei suoi problemi, proprio come spetterebbe fare “all’uomo di casa”.
Il padre, definito da Chiara “distante”, sembra non contare nulla all’interno di questa famiglia, in cui la madre si allea sempre con le figlie. L’oscillazione, che evidentemente Chiara sperimenta nella relazione con la madre, tra una posizione di dipendenza e l’esigenza d’indipendenza, della quale è anche ben consapevole, si concretizza nel rapporto con il cibo, dove l’iniziale anoressia sembra manifestare il desiderio di emancipazione della ragazza non solo rispetto alla madre, ma probabilmente da tutto il nucleo familiare, mentre il successivo cedimento della bulimia segna il suo rimanere inchiodata ad una situazione troppo gravosa.
Questo passaggio di Chiara dall’anoressia alla bulimia, inoltre, esprime il fallimento nel suo progetto di mantenersi “più forte”, sino a quando non ce “l’ha più fatta”, e in questa sua ammissione si palesa il sentimento di sconfitta e cedimento insito nella bulimia.
Il matrimonio sembrerebbe l’ennesimo tentativo, in parte anche consapevole “Credevo che sposandomi avrei risolto i miei problemi” afferma Chiara riferendosi ai disturbi alimentari “Ma non è stato così” nel tentativo di emanciparsi dal difficile ruolo che occupa rispetto alla famiglia di origine.
La ragazza vive come una tappa decisiva l’avere trent’anni, come se quest’età segnasse per lei un passaggio decisivo e la necessità di apportare un cambiamento.
Ed un grande cambiamento è avvenuto: Chiara ora accudisce Elena, la piccola appena nata che ha impresso un enorme e gioioso rilancio alla sua vita…

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Carla e il suo gruppo

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Carla ha 32 anni ed ha esordito con il sintomo anoressico a 13 anni. Ha iniziato a non mangiare più determinati cibi arrivando, per sottrazione, ad eliminarne tantissimi. A seguito di ciò ha subito un ricovero durato due mesi all’età di 15 anni, mediato dalla sua famiglia d’origine. Ne sono poi seguiti altri, in cui la sua famiglia di origine non aveva una parte attiva, “…Facevo la valigia dopo essermi messa d’accordo con il medico curante e andavo a farmi ricoverare”.
Carla ci racconta che la sua vita si svolge fra il lavoro e le cure psicologiche, lavora come psicomotricista per bambini. E’ molto impegnata nel suo lavoro, per il quale manifesta una grande passione e che la mette in contatto con bambini che hanno gravi problemi di relazione e di comunicazione. Questo lavoro delicato e complesso, con bambini in difficoltà, non le suscita angoscia, anzi a suo dire le consente di darsi e di sostenere un’identità. Relativamente al lavoro dice di avere più problemi con i colleghi, soprattutto quando questi pensano di andare al di là del rapporto lavorativo e propongono situazioni di relazione anche solo amicale. Carla non ha amicizie e frequentazioni, vive in una parte della casa dei genitori, con i quali condivide un comune ingresso. Ha provato a vivere in un alloggio lontano dai genitori ma non ce l’ha fatta poiché ad un certo punto l’angoscia e le crisi di panico hanno avuto il sopravvento. Oltre a questo fa delle gite in bicicletta, rigorosamente da sola, in confini abbastanza precisi dentro i quali si sente protetta.
Ha sempre frequentato gruppi di terapia corporea, gruppi in cui il lavoro psico-fisico è centrale per mettere in relazione le emozioni con il corpo. Ci dirà che ha pensato di entrare a far parte di un gruppo terapeutico Soremax perché nonostante tutti questi anni di lavoro su di sè, continua ad avere problemi legati al cibo, anche se oggi riesce a gestirli meglio, pertanto sentire le esperienze di altre persone che hanno difficoltà con il cibo pensa possa esserle utile.

Carla arriva alla prima seduta di gruppo molto impaurita e angosciata. Si siede su di una sedia libera, la più vicina alla porta di uscita e da allora quello sarà il suo posto, che non abbandonerà più. Nelle prime sedute di gruppo anche se sollecitata dalle altre partecipanti, parlerà poco e non si collegherà ai discorsi che vengono fatti nel gruppo.
Per alcuni mesi Carla porterà la sua difficoltà ad entrare nel gruppo, in particolare dirà che esso è diverso dagli altri, di cui ha fatto parte. Racconterà di come sia difficile ed angosciante farne parte: “…Qui siamo sempre le stesse, ci si vede sempre lo stesso giorno e alla stessa ora, si parla solo. Nei gruppi di analisi corporea c’è sempre qualcuno nuovo, non ci sono mai sempre le stesse persone anche i luoghi dove si svolgono possono cambiare”.
Per Carla alcuni elementi di costanza e di socialità del gruppo sembrano quasi intollerabili, l’angosciano e la preoccupano, anche il solo parlare piuttosto che l’agire le sembra inutile.
Questa difficoltà a prendere parte alle sedute la porterà a saltarne molte per un certo periodo.  L’impressione è che tali assenze siano il segno di un’ angoscia quasi insopportabile della vicinanza, a cui si può rispondere solo con l’allontanamento.
Evitiamo di “sollecitare troppo” Carla a partecipare, è bene si conceda un tempo un po’ più lungo prima di decidere se il gruppo è utile per lei. Quando Carla riprende le sedute ci racconterà soprattutto cosa le succede o le è successo negli stage di analisi corporea, non sempre facili da comprendere da parte delle altre ragazze. Poco a poco, dopo un certo tempo, Carla inizierà a legarsi a qualche discorso che nel gruppo si sta svolgendo, mantenendo comunque sempre una sua parvenza d’estraneità. In particolare inizia a legarsi ai discorsi che il gruppo fa sui genitori e loro bizzarrie. In uno di questi racconti, ad un certo punto, Carla spiegherà come a casa dei suoi genitori, non abbia mai avuto un posto che fosse veramente il suo. Ovvero lei aveva un suo posto a tavola, un suo letto, ma entrambi, quando erano presenti ospiti, venivano offerti a quest’ultimi. Al punto  che Carla non si siederà più al suo posto ma in uno che normalmente rimaneva vuoto e che comunque non sentirà mai suo.Tutto ciò verrà legato anche alla paura che Carla ha relativamente al suo posto nel gruppo, alla possibilità che le venga sottratto, che possa essere occupato da qualche d’un altro.
Ora ha inizio una “seconda fase” in cui Carla, pur mantenendo una sua posizione un po’ isolata e ritrosa, inizierà a legarsi, per quanto le è possibile, ai discorsi che avvengono nel gruppo.

Carla parlerà del suo rapporto con la madre e di quello della madre con lei. Ci dirà: “Mia madre non mi ha mai desiderata, ne aveva già fin troppo di mia sorella, non voleva altri figli, era mio padre che voleva altri figli, che desiderava che la propria moglie fosse madre”.
Aggiunge: “…Mia madre si è sempre lamentata della mia nascita, ed io mi sento riconosciuta da lei solo quando mi critica o mi rimprovera”. Il padre è invece descritto da Carla come un padre che non ha mai saputo difenderla presso sua madre, troppo preoccupato dalle reazioni della moglie, anche se gentile e affettuoso verso la figlia quando non era arrabbiato. Emerge però che questa gentilezza del padre verso Carla era rimproverata dalla madre, la quale spesso rimproverava il marito d’eccessive attenzioni verso la figlia. Questa accusa e la gelosia che la madre mostrava verso Carla per le attenzioni che il padre le dedicava, risuoneranno spesso in Carla che non riuscirà mai a dare un confine preciso e neppure a comprendere cosa la madre rimproverasse veramente al marito.

Va sottolineato come Carla continui a non avere relazioni amicali, ancora meno relazioni sentimentali che non riesce neanche ad immaginare, solo l’idea la fa entrare in uno stato d’angoscia. Inoltre le sue gite in bicicletta, a cui si accennava prima, devono svolgersi entro confini precisi in quanto oltre tali confini sente che potrebbe essere aggredita e che ha dovuto rinunciare ad una casa fuori da quella genitoriale a causa della paura e dell’angoscia che la prendeva di notte a sentire i rumori nella strada immaginando che potesse essere oggetto di un’aggressione.
Gli altri discorsi a cui Carla si potrà collegare nel gruppo sono in particolare quelli relativi a condotte autolesive, che anche altre partecipanti hanno avuto nella loro storia. In particolare  racconterà che beve tisane cosi calde, da ustionarsi la gola tanto da dover ricorrere a cure di pronto soccorso, dicendo di non rendersi conto del loro calore se non solo dopo che si è ustionata.
Un giorno Emma, una compagna di gruppo, racconta che deve uscire dalla stanza che ha in affitto per dei lavori urgenti (la rottura di un tubo) e per alcune settimane non sa dove dormire.
Carla è sconvolta perché di getto e senza pensarci su si offre di ospitare a casa sua la compagna per qualche tempo…
Il suo viso manifesta lo sgomento che prova, però sente che ha fatto bene a offrire accoglienza a Emma. Tutto il gruppo è piacevolmente colpito dall’offerta di Carla, si comprende che per lei è un passo molto importante vista la sua paura della vicinanza delle persone.
Le due ragazze “convivono” bene assieme per alcune settimane tanto che Carla offre ad Emma la possibilità di restare da lei in affitto nella stanza in più che ha a casa sua.
Detto fatto si accordano, Carla sembra più “morbida” e curiosa di conoscere maggiormente Emma, con cui si deciderà ad andare in bicicletta nei suoi soliti percorsi.
Emma poi, che ha un rapporto molto più sereno con il cibo, si offre di preparare dei piatti “light” da mangiare assieme a Carla. La presenza di Emma nello “spazio psicologico” di Carla rappresenta un passo molto importante di socializzazione ed affettività.
Sono passati molti mesi, Emma è sempre inquilina di Carla e la convivenza funziona.
Sarete sconvolti nel sapere che un bel giorno Carla ha invitato tutte le sue compagne del gruppo per un aperitivo, la cui preparazione “materiale” è affidata ad Emma. Carla vive con piacere la presenza delle compagne a casa sua, è sorpresa di non sentirsi angosciata, anzi spesso si ritrova a sorridere con le altre…
Che dire, un evento inatteso ha spinto Carla ad offrire ospitalità ad Emma, un’apertura “al mondo” frutto della fiducia e confidenza che si è creata nel gruppo tra le ragazze. Ancora una volta il gruppo, in quanto tale, ha mostrato la “forza” della sana socialità, della confidenza e fiducia che può instaurarsi tra le ragazze nel frequentarsi per un periodo sufficiente di tempo.
Il lavoro terapeutico continua e Carla sente di non essere più così terrorizzata dalla presenza di altre persone anzi, mangia addirittura assieme ad altre ragazze…


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Angela

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Angela è una ragazza siciliana che proviene da una famiglia di modeste origini e delle tre figlie è l’unica che ha voglia di studiare, con l’aiuto dei genitori che ripongono in lei tante speranze.
Si laurea in lingue e dato che nella sua città ha trovato soltanto lavori precari, senza indugio lascia casa sua per andare a Parigi per un’offerta interessante in un’azienda multinazionale. Può ben utilizzare la sua conoscenza dell’inglese e soprattutto del francese che orgogliosamente tutti le riconoscono di alto livello.
La vita a Parigi non è facile per lei, va a vivere con un’amica siciliana per dividere le spese, il ritmo della capitale è frenetico ed il clima proprio la fa soffrire, ma per via del buon lavoro mette in conto di dovere “sopportare” ciò per qualche anno, poi si vedrà…
Angela non è mai stata una mangiona però a Parigi va proprio male con il cibo: compra “schifezze” senza fare molto caso agli ingredienti, spesso salta il pranzo e poi si abbuffa alla sera, è molto sregolata e troppo spesso a cena beve del vino in quantità eccessiva. La coinquilina, che è appassionata alla cucina, cerca di aiutarla con piatti gustosi ed equilibrati ma invano.
Il vino comincia ad essere un vero problema per Angela, ne beve troppo e spesso, poi sta male in casa. L’amica comincia ad essere in difficoltà quando Angela è alticcia tanto che decide di lasciare la casa per cercare un’altra sistemazione. Nel momento in cui Angela resta sola in casa la bottiglia diviene il solo svago, nutrimento, ansiolitico e compagno.
Dopo qualche ritardo di troppo in ufficio riceve una lettera di richiamo per gli orari che non rispetta ed il suo capo, che pur l’apprezza, cerca di metterla con le “spalle al muro” a fin di bene.
Dopo uno scambio assai teso Angela promette di farsi seguire in un gruppo di aiuto per alcolisti altrimenti il suo posto di lavoro è a rischio.
Passano alcuni mesi ed Angela sembra recuperare “il controllo” sul vino però non mangia più e perde peso a vista d’occhio. Sul lavoro i colleghi sono preoccupati per Angela, le stanno vicino ed aiutano per quello che possono ma la ragazza (ora è astemia) è decisamente sottopeso.
Angela da troppo tempo non va a casa in Sicilia ed i genitori decidono (senza dirle nulla) di andare a Parigi da lei per capire cosa stia accadendo. La trovano in pessime condizioni, confusa e “perduta”.
Insistono per tornare tutti assieme in Sicilia, il lavoro verrà dopo, si tratta di salvare Angela che è in un vicolo cieco.
Di fatto la portano a casa per curarla. Il medico di famiglia chiarisce che la ragazza va seguita in un centro adatto e consiglia una comunità specializzata nei disturbi alimentari in Lombardia.
Angela non vorrebbe andare ma è senza forze e si lascia convincere. Descrive così la sua esperienza: “…Sembrava una caserma, camerate con vari letti, niente privacy, orari e doveri quotidiani. Ragazze che camminavano senza meta, sedute di psicoterapia quotidiane e tanti psicofarmaci.”
Dopo due mesi Angela decide di lasciare la comunità nonostante il parere contrario dei medici e dei familiari e riprende a bere, torna a casa ma ha con sé il telefono di uno psicoterapeuta di Soremax, ricevuto da una compagna di stanza.
Ci chiama e vista la distanza possiamo proporle inizialmente delle sessioni via Skype in attesa di vedere poi come procedere. Angela coraggiosamente si rende disponibile a venire a Nizza, città che pensa le potrebbe anche piacere.
Il lavoro di persona consente ad Angela di iniziare ad affrontare sia le tematiche relative al cibo che la sua dipendenza dall’alcool, sempre presente sullo sfondo della sua vita.
Trova una stanza in affitto ed un lavoretto come lavapiatti in una pizzeria in città per potere continuare il lavoro terapeutico.
Sul lavoro si fa apprezzare, è sprecata come lavapiatti, ovviamente, ed una cliente della pizzeria le propone di seguire il suo bambino in casa come nounou. Angela accetta, ha orari normali ed i bimbi le piacciono, anzi ne vorrebbe uno suo. Un giorno viene in seduta molto angosciata, racconta un sogno ma è troppo confuso da interpretare: c’è del vino… una festa… dei ragazzi… e altro poco chiaro.
Di colpo ricorda che un ragazzo quando era ancora adolescente l’aveva fatta bere molto ad una festa e poi lei si era ritrovata in strada con lui ubriaca e senza la giacca che aveva con se. È molto scossa, comincia a farsi largo l’idea che il ragazzo le possa avere fatto qualcosa mentre era ubriaca dato che non l’ha più visto o sentito. Inizia a piangere, ha una voglia spasmodica di bere, il che darebbe conto dell’uso del bere come “antidoto” all’angoscia di contenuti sessuali rimossi.
È un passaggio doloroso e traumatico che ora lentamente giunge alla coscienza di Angela e permette di rileggere la sua dipendenza dall’alcool e l’uso che fa del bere per “dimenticare”.
Passa un mese difficilissimo che preoccupa anche noi, sembra che il bere ed il cibo siano totalmente fuori controllo per Angela. Intensifichiamo le sedute per creare una specie di “perimetro psicologico” attorno ad Angela che lentamente emerge dalle sue angosce. Il lavoro psicologico e sensoriale sul tema del cibo prosegue, senza mai perdere di vista anche la dipendenza dall’alcool.
Dopo oltre un anno di terapia psicologica in abbinamento ad un mirato accompagnamento sul tema del cibo per farle riprendere il piacere del cibo stesso via profumo, colore, gusto e giusti  abbinamenti, Angela ha messo qualche chilo di peso ed è molto più attenta a ciò che mangia in termini di qualità, senza calcolare zuccheri o calorie.
Ha molto meno bisogno di bere e fisicamente si sente più leggera e “lucida”. Il lavoro continua, ma Angela non è più a rischio della sua vita, può fare dei progetti sia in termini di lavoro che di vita personale, in una parola ha ritrovato la speranza di vivere, che per lunghi anni era totalmente scomparsa da lei.

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Valerie

 

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Valerie è una ragazza diciannovenne che si trasferisce a Nizza per cercare un lavoro lontano dal suo paesino di nascita.
Ha due fratelli più grandi di lei che descrive rozzi ed appassionati solo al calcio.
Con i genitori la relazione è “essenziale”, descrive il padre come un gran lavoratore (è muratore) che non fa mancare nulla in casa ma parla pochissimo ed ha difficoltà ad interagire con Valerie.
La mamma è la classica casalinga che si occupa di fare andare avanti la casa, lava e cucina per tutti i “suoi maschietti”. Valerie descrive la mamma coma una brava persona, dedita al sacrificio per i familiari e che non chiede nulla per sé.
Appena presa la patente papà e mamma le regalano una piccola Smart, che è un regalone per lei, del tutto inaspettato.
É molto contenta della vetturetta e comincia a pensare di lasciare il suo paesino per venire a Nizza, cercare lavoro e poi si vedrà…
I genitori sono dispiaciuti nel vederla partire, però consapevoli che nel paesino non ha chance di trovare un lavoro di qualche interesse, mentre i due ragazzi già lavorano con il padre ed a loro va bene così.
Valerie non ha un diploma, non ha mai avuto voglia di studiare e non ha particolari interessi. A Nizza trova lavoro come cameriera in un ristorante sul lungo mare.
Condivide la casa con altre due ragazze francesi, sistemazione che valuta positiva dato che le tre ragazze si frequentano anche extra lavoro, piacevolmente.
Valerie è sempre stata magra e curata nel suo aspetto, piace ai ragazzi ed ha avuto una storia con un suo coetaneo che descrive come timido ed affettuoso. Sono stati assieme per due anni poi, di comune accordo, si sono lasciati perché: “…La nostra relazione era ormai spenta, solo routine e niente progetti per il futuro…”
Valerie, spinta dalle due coinquiline inizia a bere vino e talvolta super-alcolici, tira tardi nei locali, va a ballare e sente che la vita nella “grande città” fa proprio per lei.
Conosce alcuni ragazzi ma non si sente pronta per una relazione importante, vuole divertirsi e non pensare, per il momento, al futuro.
Con le coinquiline decidono di fare una vacanza assieme in Corsica per tre tre settimane in un villaggio. L’esperienza del villaggio piace molto a Valerie, mare, sole e divertimento alla sera con tanti ragazzi simpatici che “flirtano” con le tre amiche.
Un ragazzo in particolare modo entra assai in confidenza con Valerie. Henri è uno degli animatori del villaggio, bello, simpatico, atletico, sempre sorridente. Avete ben capito il seguito, hanno una storia al villaggio che poteva terminare li, ma….
Ma Valerie ed il ragazzo decidono di continuare la storia anche se Henri deve restare sull’isola per il suo lavoro praticamente tutto l’anno.
Complici i viaggi low cost in aereo riescono a vedersi ogni mese o in Corsica o a Nizza e tutto sembra volgere al meglio tra i due ragazzi.
Non solo, Valerie comincia a pensare di trasferirsi in Corsica per trovare una casetta con Henri ed andare a convivere. Ne parlano spesso e tutto sembra fattibile in tempi brevi.
Un giorno Valerie percepisce Henri “freddo e lontano”, non capisce bene cosa accada e non riesce ad avere risposte dal ragazzo. Dovevano vedersi da li a qualche giorno ma Henri tentenna e non fissa una data per il loro incontro. Per farla breve Valerie “sente” che Henri le nasconde qualcosa di molto importante. Di colpo il ragazzo “sparisce”, non risponde ai messaggi ne al telefono, come fosse morto.
Valerie recupera il telefono di un ragazzo dello stesso villaggio e gli chiede di Henri. La risposta è un tonfo al cuore per Valerie. Il ragazzo le dice che è venuta la moglie di Henri al villaggio per restare con lui ora che è incinta!
Panico, delusione, rabbia e sgomento, Valerie è distrutta. L’effetto su di lei è devastante, non dorme per giorni, non mangia, piange, si prende un mese di malattia ed assume psicofarmaci. Le coinquiline fanno il possibile per starle vicino ma è assai difficile, Valerie sembra una zombie. Perde rapidamente peso, beve solo acqua ed a parole dice di volersi uccidere. Le coinquiline sono terrorizzate, sono certe che Valerie non dice sul serio ma è il segno dell’enorme sofferenza per quanto accaduto.
Passano alcuni mesi in cui Valerie riprende parzialmente il lavoro, è magra da fare paura e non ha più le mestruazioni. Forzata dal suo medico entra in ospedale per alcune settimane, esperienza assai negativa, nelle parole di Valerie. “…Giornate lunghissime segnate solo dal momento dei pasti sotto l’occhio vigile ed inquisitorio delle infermiere. Cibo senza alcun gusto e tanta noia. Tante altre ragazze come me, disperate ed “invisibili”…”
Esce dall’ospedale con un paio di chili in più ma sempre depressa e ferita nel suo animo.
Va avanti così per un anno, Valerie è sempre magrissima ed è terrorizzata di mangiare, appena assume qualcosa sente lo stomaco scoppiare ed ha spesso voglia di vomitare.
Le coinquiline la “prendono di peso” e costringono a fissare un appuntamento con Soremax, e l’accompagnano al rdv con la speranza di potere ritrovare l’amica che sembra ormai solo lasciarsi andare senza alcun desiderio.
Per potere comprendere la paura del cibo che Valerie sente per lei minaccioso, potenzialmente velenoso e quindi impossibile ad essere assunto come nutrimento le proponiamo il nostro test PCS.
Il test PCS vuole indagare le emozioni profonde che impediscono a Valerie di approcciarsi agli alimenti per quello che dovrebbero essere: nutrimento si, ma anche (e soprattutto) gusto, piacere, profumo ed appagamento.
Il test prevede anche una serie di assaggi (carote, pomodorini, Parmigiano Reggiano, olive, Feta…) e dagli assaggi possiamo raccogliere preziose informazioni sulla connessione tra il cibo e le emozioni di Valerie. Tali connessioni cibo-emozioni, sono l’avvio del lavoro terapeutico e di ripresa di un’alimentazione in cui il sapore, l’odore ed il gusto tornano ad essere basilari.
Il lavoro psicologico e terapeutico dei colloqui va di pari passo con la ripresa del piacere del cibo, in un processo che vede entrambi i versanti da indagare per consentire a Valerie di superare lo choc del “tradimento” di Henri, riprendere a vivere appieno ed, ovviamente, alimentarsi senza percepire il cibo come veleno o nemico da cui restare ben alla lontana.

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Nicole e Camila

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Nicole, ragazza ventenne, nasce in una famiglia assai benestante, il padre è un alto ufficiale dell’esercito che proviene da una “dinastia” di militari e la madre insegna privatamente pianoforte.
Nicole ha una sorella ed un fratello rispettivamente minori di due e quattro anni.
Per via del lavoro del padre spesso si sono dovuti spostare in varie città della Francia. Nicole è sempre stata minuta, aggraziata e poco attratta dal cibo e dal bere. Sin da piccola la mamma doveva insistere perché lei mangiasse.
Verso i tredici-quattordici anni Nicole aveva preso peso, dapprima qualche chilo poi era decisamente ingrassata ed ahimè presa in giro dai compagni di scuola per il suo stato.
A seguito di ripetuti episodi di “bullismo” Nicole un giorno non è rientrata a casa dalla scuola.
Panico della madre e furia del padre che per molte ore non sanno dov’è la loro figliola.
Si fa viva alla sera dalla casa di una compagna di scuola di origine spagnola, famiglia disprezzata dai suoi genitori perché troppo proletari.
La madre vorrebbe proteggere Nicole ma il padre è irremovibile, considera tale episodio intollerabile e decide che la ragazza dovrà andare in un collegio per essere “raddrizzata”.
Furiosi litigi in casa, la madre si oppone perché capisce bene che l’episodio è conseguenza diretta della sofferenza di Nicole e vorrebbe farla seguire da uno psicologo ma il padre non vuole sentire ragioni, l’anno scolastico seguente sarà fatto in un collegio lontano da casa.
Nicole entra in uno stato di mutismo sembra “congelata”, smette di mangiare perché vuole perdere peso e tornare magra e graziosa come un tempo.
Quando inizia il collegio lontano da casa la madre va a trovarla sovente, accompagnata dalla sorella e dal fratello, che sembrano essere totalmente indifferenti a Nicole. L’anno in collegio fa emergere il talento per la musica ed il canto di Nicole, che “sogna” una carriera da artista, magari cantautrice.
Il padre dopo un anno di collegio è disposto a riprendere la ragazza in casa, pensa si sia “raddrizzata”, apparentemente è tranquilla, studiosa e regolarizzata con il peso.
“Naturalmente” il padre sa cosa deve studiare Nicole all’università, studi di legge per divenire avvocato, notaio o magistrato!
Nicole protesta, invano. Deve iscriversi a giurisprudenza oltretutto nella stessa città dove vivono i familiari, lei che sperava di andare lontano per potersi emancipare.
Tutto sembra andare al meglio ma una crepa sta per evidenziarsi in famiglia: Nicole ancora una volta non rientra a casa. Solita drammatica scenetta familiare: madre angosciatissima, padre furioso e fratelli indifferenti…
Stavolta Nicole è maggiorenne ed ha “premeditato” la sua fuga, infatti i suoi familiari non riescono a capire dove possa essere. Vi anticipo che Nicole è andata a vivere a Barcellona da una zia di Camila, la sua compagna di scuola spagnola, legata alla sua prima ingenua “fuga”.
Ovviamente lasci agli studi e per mantenersi lavora in un bar di “tapas”. É riuscita a dimagrire, si piace ma vorrebbe fare ancora meglio. Perde ancora peso, non ha mai appetito e, come dice lei: “…Vivevo d’aria.”
Solo la madre ha contatti con lei, di nascosto del padre, che sentenzia di non volerla vedere mai più.
Camila, quando va a trovarla è choccata, Nicole sembra uno scheletro, filiforme e diafana, con due occhioni perduti…
Allerta la madre che sembra impotente, non sa come fare con Nicole che non percepisce la gravità della sua situazione “fisica”.
Camila decide di intervenire al posto dei familiari, si piazza a casa dove vive Nicole assieme alla zia e la costringe a consultare un medico nutrizionista.
Il sanitario fa il possibile ma sappiamo bene quanto sia difficile “trattare” l’anoressia. Ovviamente il medico suggerisce anche dei colloqui psicologici che Nicole rifiuta fermamente. Si va avanti così per qualche mese, Nicole rimane sempre gravemente sottopeso.
Camila deve rientrare in Francia e propone a Nicole di andare a vivere assieme nella stessa casa che avrebbero affittato. Con due promesse: farsi seguire da uno psicologo e riprendere contatti con i familiari dapprima a distanza e poi… si vedrà.
Detto fatto le due ragazze iniziano questa avventura nella stessa casa e trovano lavoro come cameriere nello stesso lounge-bar.
Nicole deve mantenere le due promesse, è molto ambigua sul riprendere contatti con i familiari, anche se di fatto aveva sempre sentito (a piccole dosi) la madre e faticosamente contatta la sorella ed il fratello.
Per lo psicologo tentenna, poi “dolcemente” accompagnata da Camila prende contatto con Soremax.
Come potete immaginare i colloqui sono assai difficili, Nicole sa bene (dentro di sé) che la sua famiglia è molto disfunzionale. Dovere, performance e responsabilità sono gli assi fondamentali delle dinamiche ove la madre è sottomessa al padre “padrone” ed i figli devono fare ciò che il capo-famiglia vuole.
Ma i colpi di scena non mancano: Océane, la sorella di Nicole da sempre magra come un chiodo smette praticamente di mangiare. Padre infuriato (come al solito) ma stavolta la madre reagisce e decide di intervenire subito prendendo di peso il marito con la minaccia di lasciarlo se si comporterà al solito stupido e rigido modo! Océane viene inviata da uno psicologo che la seguirà per la sua severa anoressia. Non solo lo psicologo contatta Soremax, con l’assenso di Océane, per fare “squadra” e capire meglio le dinamiche familiari.
Il padre viene messo all’angolo ed “obtorto collo” deve coinvolgersi e rivedere le sue anaffettive  e disfunzionali reazioni.
Il lavoro psicologico continua, Nicole e Camila ora sono una coppia di fatto, stanno assieme e si vogliono bene. Océane sta lentamente riprendendo peso, il fratello, che il padre voleva votato alla carriera militare, ha deciso di studiare medicina e la madre si è decisa a separarsi ed ora vive nella stessa città di Nicole.
A voi trarre le giuste considerazioni…

 

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Claire e la sua famiglia


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Claire è una ragazza trentenne che si è rivolta a Soremax per una grave sofferenza anoressica con cui ha “convissuto” sin da adolescente.
Sin dalle prime sedute Claire parla della sua storia familiare molto difficile, i suoi genitori sono sempre stati duri e maneschi nei comportamenti tra loro e con i figli.
Il padre di Claire aveva iniziato a lavorare come meccanico, poi un po’ alla volta aveva aperto una sua officina ed attualmente ha una importante concessionaria di auto, nella quale lavorano entrambi i figli, Claire alle pratiche di immatricolazione ed il fratello alle vendite.
Nel racconto di Claire il padre quando rientrava alla sera dal lavoro spesso era bevuto, il che innescava litigi con la moglie e, non di rado, volavano sberle tra i due e se i figli intervenivano erano botte anche per loro.
In particolare modo il padre se la prendeva con il ragazzo, che portava con sé già da adolescente a lavorare in officina.
La madre nel racconto di Claire ha sempre colluso, provocava l’uomo e lo insultava, e poi erano botte per tutti, in una specie di follia collettiva.
Claire aveva sempre lavorato con il padre, prima nell’officina, poi nella concessionaria, sfruttata e pagata una miseria. Il fratello è anch’esso sottomesso al padre, di fatto non ha alcun potere decisionale, si pavoneggia solo con le grosse auto che vendono.
Sino a tre anni fa Claire ha vissuto in casa con i genitori, poi con una piccola eredità di una zia è riuscita a comperarsi un monolocale ed è andata a vivere da sola, con grande gioia.

Il contatto con Soremax era dovuto alla preoccupazione per il suo eccessivo dimagrimento, è un anoressica restrittiva che spesso è stata ricoverata per brevi periodi in ospedale per svenimenti, tachicardie ed amenorrea.
Riferisce di avere sempre avuto difficoltà con il cibo, sin da piccola non mangiava e ciò faceva adirare il padre che voleva i figli belli robusti e in “carne”.
A scuola andava male, svogliata e molto isolata dai compagni. Ricorda lunghi pomeriggi da sola a casa. Dai 13 anni il dimagrimento si era accentuato ed erano stati consultati vari medici che avevano prescritto vitamine e ricostituenti, che lei non assumeva mai, di nascosto dai genitori.

Claire era sempre molto isolata e ben contenta, anche per la sua magrezza, di non interessare ai ragazzi.
La ragazza ha imparato a convivere tutti questi anni con la sua grande sofferenza anoressica, alternata a cedimenti bulimici durante i quali ha abusato di ansiolitici e antidepressivi, oltre all’uso scriteriato di lassativi.
Terminate le scuole dell’obbligo tramite una conoscente aveva trovato un lavoretto da apprendista da una parrucchiera ma, con la consueta durezza il padre l’aveva costretta a lasciare la parrucchiera per iniziare a lavorare con lui in officina, senza contratto e per quattro soldi.

Le prime sedute con Claire sono state difficili, era molto emozionata e parlava a fatica, grandi sospiri, occhi lucidi e gesti nervosi con la testa spesso china.
Con fatica Claire ha parlato della sua paura per il cibo, che considera un nemico, un veleno che deve allontanare da sé al massimo. La famiglia è fonte soltanto di dolore ed angoscia, nemmeno il fratello è dalla sua parte, preso anche lui nel vortice della sofferenza.
Claire si era chiusa in un mutismo doloroso in cui le sole urla erano quelle del suo sintomo anoressico, peraltro invisibile ai familiari.
Soltanto alcune amiche l’hanno aiutata a cercarsi una casa da sola e provare a chiedere un aumento rispetto alla paga da fame decisa dal padre. Con grande fatica mi racconta che pochi giorni prima il fratello, decisamente bevuto, aveva cercato di baciarla, invano… Non solo, aveva minacciato di picchiarla se avesse detto qualcosa ai genitori.
Un sogno che porta in seduta indica bene il tema narrativo che l’angoscia: “… Sono in un parco a leggere un libro poi d’improvviso tutte le persone scompaiono e non riesco a capire perché. Di colpo vedo un animale tipo leone o tigre che viene verso di me con fare minaccioso. Vorrei urlare ma la voce non mi esce e sono terrorizzata di essere mangiata viva dalla bestia… Mi sveglio angosciata e tremante”.

Nel sogno la ragazza ha potuto “dare parola”, al terrore di essere “mangiata” dalle altre persone. Lavoriamo su questa emozione profonda che caratterizza tutta la sua vita e sostiene le sue paure. Si decide anche ad affrontare il fratello che è costretto a scusarsi e per “riparare” all’episodio dovrà proteggerla dal padre ogni qualvolta necessario.
Dopo qualche mese dall’inizio del lavoro individuale accade un episodio che Claire vive come una importante discontinuità rispetto a quanto avrebbe fatto normalmente: al padre viene notificata una multa per eccesso di velocità e annesso provvedimento di ritiro della patente.
Claire apprende che il padre, come niente fosse, esige dalla figlia di incolparsi del fatto per evitare a lui la dura sanzione.
Claire per la prima volta risponde di no al padre, non ha alcuna intenzione di pagare per lui, è stufa di subire e farsi maltrattare! Il fratello, memore della promessa fatta la sostiene e protegge dall’ira del padre.
Per il padre è uno choc, che i figli si ribellino non è nemmeno pensabile, urla davanti a tutti nella concessionaria e, choc ulteriore, gli impiegati che assistono alla scena si mettono a ridere!
Qualcosa si rompe nelle dinamiche familiari e Claire si sente più leggera e capisce che la terapia le sta permettendo di vivere, vivere come mai avrebbe potuto.
Come dice il proverbio la fortuna è cieca ma la sfortuna ci vede benissimo, il “povero” papà ha a breve un nuovo choc: la sua potente auto ferma davanti casa viene rubata! Claire non nasconde la sua gioia per l’accaduto, dice che Dio esiste davvero!
Al contempo Claire ha altri pensieri dato che si trova di fronte ad una contingenza per lei inaspettata e fuori dal controllo che attua in tanti atti della sua vita: un giovane meccanico della concessionaria, carino e timido, le chiede di uscire.
Claire è colpita perché il ragazzo le lascia un bigliettino con il suo nome accanto ad un tulipano, sul tavolo dell’ufficio.
Me ne parla a lungo in seduta, è emozionata e le fa piacere, ma la paura è grande.
I tulipani sono i fiori preferiti di Claire e questo piccolo atto del giovane fa si che la ragazza accetti di uscire con lui.
Iniziano a frequentarsi, passo passo il giovane mostra che le vuole bene ed apprezza la dolcezza di questa ragazza che spesso si comporta come un’istrice, per via delle sue paure.
Da un anno il sintomo è attenuato, Claire ci convive ma la sua vita non è più scandita dall’enorme sofferenza di prima; ha lasciato la concessionaria del padre e lavora nell’officina del giovane meccanico, suo attuale fidanzato.
Mi dice sorridendo: “… L’animale credo proprio non riuscirà più a mangiarmi…”


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Sophie e il desiderio

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Sophie è una vivace e bella ragazza che vive in un paesino lontano un centinaio di chilometri da Parigi. Non ama il suo villaggio e decide di andare a studiare nella capitale, ottima occasione per allontanarsi da casa, dato che con i genitori e la sorella minore non si trova bene. Studia informatica che è la sua grande passione sin da adolescente. È molto concentrata nello studio e si concede ben poche distrazioni, condivide la casa con altre due ragazze serie e studiose come lei. Negli anni precedenti l’università aveva avuto brevi storielle con suoi coetanei, ma niente di serio, come dice lei. Trova i ragazzi poco responsabili, concentrati solo a divertirsi e bere. Da quando è a Parigi raramente esce alla sera e solo con le sue coinquiline, fanno “gruppetto” e vanno molto d’accordo. I primi due anni di università passano velocemente, con ottimi risultati agli esami. Va a casa raramente, la scusa dello studio le permette di “mantenere la distanza”.
Tutto procede tranquillamente sino all’arrivo di Gabriel. Gabriel è il fratello di una delle sue coinquiline, e resterà con loro alcuni mesi prima di andare alle isole di Glénans, paradiso dei velisti per un corso avanzato di navigazione. Gabriel è un simpatico ragazzo che ha la passione per la vela e sta studiando per diventare skipper, per unire passione e lavoro.
Sophie si accorge che Gabriel è interessato a lei, le fa sempre complimenti e fa di tutto per uscire con lei. Un fine settimana Gabriel riesce a convincere Sophie ad uscire per andare ad un concerto.
Sophie inizialmente è poco convinta, poi si ricrede, anzi le fa piacere stare con Gabriel che è cortese, simpatico e solare. Qualche momento di imbarazzo al ritorno a casa, Sophie capisce che Gabriel vorrebbe baciarla ma… nulla accade.
Notte tormentata per la nostra Sophie, che si trova attratta da Gabriel ma non può (o non vuole) lasciarsi distrarre dagli studi. Passano le settimane, raramente escono assieme e giusto la sera prima che Gabriel parta per le isole di Glénans, Sophie ha un rapporto con lui. Sono momenti carichi di dolcezza e Sophie quasi non si riconosce per la “facilità” con cui ha accettato la corte di Gabriel. Sophie “impone” però a Gabriel di non contattarla più, è stato un bel momento e niente più, la vita deve riprendere il “giusto corso” ovvero studio, studio ed ancora studio.
Qualche settimana dopo le coinquiline fanno presente a Sophie che mangia troppo poco, spesso non si siede a tavola con loro ed appare molto nervosa ed irascibile. Sophie perde molti chili e mangia solo barrette proteiche per darsi “la carica”.
Perde quasi dieci chili, non ha più le mestruazioni e non ha mai fame, si costringe, o la costringono le coinquiline a mangiare, ma è un tormento.
Per farle contente talvolta mangia con loro ma poi, trucco vecchio come il mondo, va a vomitare in bagno.
Le due ragazze capiscono cosa sta facendo e la prendono di punta: “Sophie, sei in anoressia, fa paura solo vederti…” La reazione di Sophie è violenta, litiga con loro, e decide di lasciare la casa per andare a vivere da sola. In pochi giorni trova una nuova sistemazione e riprende “la solita vita”.
Ma le coinquiline non mollano il colpo, sono ben consapevoli della sofferenza di Sophie ed avvisano i genitori di lei. Intervento “militare” del papà e della mamma di Lucia che piombano a Parigi e trascinano la ragazza dal medico che propone un ricovero in ospedale.
Sophie è infuriata, non vuole andare in ospedale, piuttosto scapperebbe in Guadalupa…!
Il braccio di ferro dura alcune settimane con la vittoria di Sophie ed i genitori disperati che rientrano a casa con la sola “promessa” verbale di Sophia di mangiare un pò di più.
Non solo, i genitori finita l’università vorrebbero che tornasse a casa con loro ma Sophie è irremovibile, cercherà lavoro nel sud della Francia, vicino al mare.
Detto fatto, si trasferisce ad Antibes per lavorare nel vicino polo tecnologico che offre lavoro a tantissimi giovani informatici. Sophie è sempre efficiente al lavoro, apprezzata e responsabile e raramente esce con i colleghi di lavoro. È sempre magrissima e quando non lavora studia per ottenere certificazioni in ambito informatico. Ogni tanto Gabriel, nonostante il “divieto” le manda dei messaggi, cui Sophie risponde in modo freddo ed asettico.
Una sera, uscita tardi dal lavoro appena entrata in macchina per tornare a casa ha un mancamento che descrive così: “…Di colpo tutto è diventato nero, non sentivo più il mio corpo, soltanto il mio respiro sempre più strozzato e sono svenuta. Qualcuno ha visto la scena ed ha aperto lo sportello dell’auto per aiutarmi, mi sono ripresa ma tremavo come una foglia. Una collega mi ha poi accompagnato al pronto soccorso”.
Il medico per scuoterla le dice che potrebbe morire da un momento all’altro, che così facendo butta via la sua vita. Passa poi a toni più concilianti e le suggerisce “caldamente” di consultare uno psicoterapeuta.
Molto spaventata Sophie si decide a prendere rdv con lo psicologo. Vorrebbe una donna ma i tempi di attesa sono lunghi, allora deve “accontentarsi” di incontrare un uomo.
Le sedute sono difficili, Sophie non crede nella psicologia e pensa che il terapeuta farà di tutto per  farla mangiare, cosa che lei non farà mai ed è convinta che sarà tempo perso.
In seduta è sempre “controllata”, parla molto ma non dice nulla di come sta e come si sente “dentro”. È molto infastidita quando le chiedo di Gabriel, quali emozioni abbia toccato dentro di lei l’incontro con il ragazzo. Alla seduta successiva porta un sogno che definisce una stupidaggine: “Sono in vacanza in barca con degli amici e dato che ho molta paura di nuotare chiedo che mi stiano vicino mentre faccio giusto due bracciate. Di colpo mi ritrovo da sola e la barca si allontana… Mi sveglio di colpo in preda al panico!”
Utilizzo questa “finestra” sull’inconscio di Sophie per aprire un varco nelle sue emozioni sempre represse e svalorizzate come fossero inopportune.
Sophie nonostante tenti di scacciare il pensiero (!) pensa spesso al rapporto avuto con Gabriel ed ai brevi momenti passati con lui. Esce dalla seduta scossa e piangente, con un gran senso di vuoto.
In un momento di follia (sue parole), scrive a Gabriel che vorrebbe parlargli.
Gabriel è piacevolmente sorpreso e si danno appuntamento per il fine settimana successivo a Saint-Tropez dove il ragazzo fa lo skipper in una scuola di vela e noleggio di imbarcazioni.
Gabriel quando la vede è scosso, Sophie è davvero troppo magra. L’incontro si rivela ugualmente piacevole per entrambi e Gabriel le chiede di tornare da lui a Saint-Tropez.
In seduta Sophie dice per la prima volta di essersi vista allo specchio con un senso di fastidio: “Sono troppo magra, con nulla di femminile. Come potrò mai piacere a Gabriel, non ho niente attaccato addosso!…”
Con grande fatica riprende a mangiare qualcosa, acquista un vestitino a fiori che pensa possa piacere a Gabriel e delle scarpe con un pò di tacco.
Si incontrano per qualche volta e Sophie una domenica accetta di andare al ristorante con Gabriel, per farlo contento ma soprattutto per fare contenta lei stessa!
Per farla breve si mettono assieme, Sophie si “costringe” a mangiare e tenere dentro di se qualcosa per riprendere fattezze femminili per piacere a Gabriel.
Pur essendo timorosa accetta di andare in barca con Gabriel e, necessariamente, esporre il suo corpo in costume da bagno, cosa che pensava non avrebbe mai fatto neanche presa per il collo!
Sophie e Gabriel ora stanno assieme da oltre un anno, provano entrambi forti sentimenti e di fatto convivono dato che Sophie con il tele-lavoro riesce a passare lunghi periodi a Saint-Tropez da lui.
Ha preso un pò di peso, riesce a mangiare in modo abbastanza variato e tocca anche del vino, che prima si era assolutamente proibito.
Il lavoro psicologico e di parola continua ma la forza più grande che ha ritrovato in se Sophia è il desiderio, desiderio di piacere, di essere vista, di gioire, di essere considerata, di vivere, in ultima istanza: amarsi ed essere amata.

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