Chiara e la sua bulimia


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Chiara è una ragazza trentenne che si è appena sposata. Per il marito prova dei sentimenti che non aveva mai provato per nessuno prima, tanto da ritenerlo proprio l’uomo della sua vita.
Dice: “…Per il momento va abbastanza bene… Certo abbiamo avuto qualche contrasto, ma penso sia normale in ogni matrimonio…”

La ragazza consulta Soremax perchè vuole risolvere il problema che la tormenta da tanti anni: la bulimia. Fa delle abbuffate di ogni cosa le capiti a tiro, poi presa dai sensi di colpa va a vomitare, ripromettendosi di non farlo più, invano. Mette in relazione l’esordio del suo disturbo con quelli che definisce “gravi problemi familiari”, originati dal fatto che la madre e le figlie avevano dovuto seguire il padre che per il lavoro era stato costretto a trasferirsi lontano da casa.
Trasferimento del tutto sgradito dalle donne di casa, ed oggetto di aspre discussioni in famiglia. Il trasferimento: “…Ha creato tanti problemi familiari, ci sono state ripercussioni per tutti e io mi sono presa sulle spalle i problemi di tutta la mia famiglia”. La ragazza continua raccontando di aver sempre avuto un “bellissimo rapporto” con la madre, alla quale, a causa delle difficoltà attraversate dalla famiglia, si è legata ancora di più: “Per la mamma è stato molto difficile perché trasferendosi ha dovuto lasciare tutte le sue amiche e quando è arrivata nella nuova cittadina non conosceva nessuno, era completamente sola…” Chiara continua: “…La mamma ha riversato su di me tutte le sue frustrazioni attaccandosi ancora di più di quanto già non fosse…mi ricordo che anche quand’ero più piccola facevamo tutto insieme, l’accompagnavo dappertutto… Ma a me non pesava, perché, ripeto, ho sempre avuto un rapporto meraviglioso con lei…con mio padre meno, perché l’ho sempre sentito più distante… Comunque, nello stesso periodo in cui ci siamo trovati ad affrontare questa situazione veramente pesante, è successo anche che mi sorella è rimasta incinta, ha provato a vivere per qualche mese con questo ragazzo, poi ha visto che non andava ed è tornata a casa con la bambina. Papà non voleva ma mia mamma ha insistito tanto ed è riuscita nel suo intento… Ed io mi sono sempre fatta carico di tutti i problemi della mia famiglia…” Non solo, al padre qualche anno dopo viene diagnosticata una cardiopatia che lo porta ad avere serie complicazioni fisiche e getta tutta la famiglia in grave preoccupazione.

Chiara all’inizio gestiva, di fatto, tutta la famiglia poi non è più riuscita ed è lì che si è ammalata. Dapprima era anoressica, poi ha cominciato a mangiare e vomitare e dedica almeno un’ora al giorno ad abbuffarsi, a volte capita anche più volte al giorno. Chiara ha provato a imporsi di smettere, invano, è come una dipendenza,  però più mentale che fisica, ci dice. Quando ha incontrato il futuro marito si è innamorata follemente di lui ed in pochi mesi hanno deciso di sposarsi.
“…Sposandomi credevo di risolvere in quel modo tutti i miei problemi, perché provavo un sentimento che non avevo mai provato prima, invece non è stato così… Ad essere onesta all’inizio credevo che il matrimonio mi avrebbe aiutato molto a risolvere la mia bulimia”.

Chiara dice che ha subito parlato al marito del suo problema. L’uomo molto comprensivo si è reso assolutamente disponibile ad aiutarla, sentendosi in colpa perché a causa del suo lavoro (in proprio come idraulico) spesso è via di casa tutto il giorno sino a tardi.
“…Forse questa è una difficoltà del nostro matrimonio, il fatto che ci vediamo poco, intendo, ma la mia bulimia non c’entra con lui, non è colpa sua, è un problema mio e voglio assolutamente risolverlo, perché a 30 anni ormai sono stanca…”

Di fatto Chiara continua ad occuparsi della famiglia di origine e del bimbo della sorella dato che la mamma del piccolo deve andare al lavoro. Per il fatto che Chiara non lavora (la mantiene il marito) si sente “obbligata” ad occupare il suo tempo a seguire gli altri senza mai lamentarsi.
Il lavoro terapeutico comincia a dare i suoi frutti e Chiara ammette che è davvero stanca di correre per gli altri, tenuto conto poi che quando è lei ad avere bisogno nessuno l’aiuta. Ci dice questo delusa e infastidita, quasi sorpresa di pensare e sentire così. Dapprima chiede al marito di accettare un’offerta di lavoro come impiegato presso un’officina, il che gli permette di fare orari di ufficio e smettere di lavorare sino a tardi, sabato compreso.
Riesce anche a dimezzare gli impegni con il nipotino e si ripromette di non passare tutti i giorni dalla mamma, che le trasmette tristezza e sconforto per via delle difficili condizioni del padre.
Chiara in un “momento di follia”, come dice lei, si iscrive per prendere la patente,  dato che prima non aveva potuto per motivi economici.
La patente le permette di recuperare un’autonomia insperata, spesso va dalle poche amiche che ha e visita dei paesini vicino. Inoltre si compra un bel set per dipingere con l’acrilico, tecnica semplice per una principiante come lei.
La pittura è sempre stata una passione per Chiara, passione che ha sempre dovuto lasciare da parte sino ad oggi.
Si iscrive ad un corso base di disegno, poi ad una serie di lezioni sulla tecnica dell’acrilico, poi ad un corso sulla pittura ad olio, che ritiene la tecnica più confacente per lei.
Con la sua macchinetta si può permettere di seguire i corsi, fare visita ai familiari e dedicare del tempo a sé, in una ritrovata (e meritata) indipendenza.
Un bel giorno Chiara ci dice che è incinta, non sta più nella pelle dato che pensava fosse già tardi vista la sua età!
La gravidanza, anzi la gioia della gravidanza le da una forza immensa e sente ora di essere capace di “tenere a bada” il sintomo bulimico, che già si era assai ridotto nei mesi precedenti.
Chiara passa una gravidanza senza difficoltà ed il rapporto con il cibo è quasi normalizzato, evita alcuni alimenti ma per lei è davvero una grande vittoria, mangiare e non dovere correre a vomitare.
Chiara in seduta dice: “… Si sente spesso prima il dovere e poi il piacere, io aveva fatto di queste parole i miei comandamenti, di fatto mi ero imprigionata senza speranza…”

Nella storia di Chiara emerge subito la centralità del rapporto tra la ragazza e la madre, che lei definisce “bellissimo”, ma che ha all’apparenza tutte le caratteristiche di una dipendenza reciproca, all’interno della quale Chiara è stata collocata dalla madre stessa nel ruolo di suo partner, andando così ad occupare il posto del padre e caricando sulle proprie spalle il peso della famiglia e dei suoi problemi, proprio come spetterebbe fare “all’uomo di casa”.
Il padre, definito da Chiara “distante”, sembra non contare nulla all’interno di questa famiglia, in cui la madre si allea sempre con le figlie. L’oscillazione, che evidentemente Chiara sperimenta nella relazione con la madre, tra una posizione di dipendenza e l’esigenza d’indipendenza, della quale è anche ben consapevole, si concretizza nel rapporto con il cibo, dove l’iniziale anoressia sembra manifestare il desiderio di emancipazione della ragazza non solo rispetto alla madre, ma probabilmente da tutto il nucleo familiare, mentre il successivo cedimento della bulimia segna il suo rimanere inchiodata ad una situazione troppo gravosa.
Questo passaggio di Chiara dall’anoressia alla bulimia, inoltre, esprime il fallimento nel suo progetto di mantenersi “più forte”, sino a quando non ce “l’ha più fatta”, e in questa sua ammissione si palesa il sentimento di sconfitta e cedimento insito nella bulimia.
Il matrimonio sembrerebbe l’ennesimo tentativo, in parte anche consapevole “Credevo che sposandomi avrei risolto i miei problemi” afferma Chiara riferendosi ai disturbi alimentari “Ma non è stato così” nel tentativo di emanciparsi dal difficile ruolo che occupa rispetto alla famiglia di origine.
La ragazza vive come una tappa decisiva l’avere trent’anni, come se quest’età segnasse per lei un passaggio decisivo e la necessità di apportare un cambiamento.
Ed un grande cambiamento è avvenuto: Chiara ora accudisce Elena, la piccola appena nata che ha impresso un enorme e gioioso rilancio alla sua vita…

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Carla e il suo gruppo

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Carla ha 32 anni ed ha esordito con il sintomo anoressico a 13 anni. Ha iniziato a non mangiare più determinati cibi arrivando, per sottrazione, ad eliminarne tantissimi. A seguito di ciò ha subito un ricovero durato due mesi all’età di 15 anni, mediato dalla sua famiglia d’origine. Ne sono poi seguiti altri, in cui la sua famiglia di origine non aveva una parte attiva, “…Facevo la valigia dopo essermi messa d’accordo con il medico curante e andavo a farmi ricoverare”.
Carla ci racconta che la sua vita si svolge fra il lavoro e le cure psicologiche, lavora come psicomotricista per bambini. E’ molto impegnata nel suo lavoro, per il quale manifesta una grande passione e che la mette in contatto con bambini che hanno gravi problemi di relazione e di comunicazione. Questo lavoro delicato e complesso, con bambini in difficoltà, non le suscita angoscia, anzi a suo dire le consente di darsi e di sostenere un’identità. Relativamente al lavoro dice di avere più problemi con i colleghi, soprattutto quando questi pensano di andare al di là del rapporto lavorativo e propongono situazioni di relazione anche solo amicale. Carla non ha amicizie e frequentazioni, vive in una parte della casa dei genitori, con i quali condivide un comune ingresso. Ha provato a vivere in un alloggio lontano dai genitori ma non ce l’ha fatta poiché ad un certo punto l’angoscia e le crisi di panico hanno avuto il sopravvento. Oltre a questo fa delle gite in bicicletta, rigorosamente da sola, in confini abbastanza precisi dentro i quali si sente protetta.
Ha sempre frequentato gruppi di terapia corporea, gruppi in cui il lavoro psico-fisico è centrale per mettere in relazione le emozioni con il corpo. Ci dirà che ha pensato di entrare a far parte di un gruppo terapeutico Soremax perché nonostante tutti questi anni di lavoro su di sè, continua ad avere problemi legati al cibo, anche se oggi riesce a gestirli meglio, pertanto sentire le esperienze di altre persone che hanno difficoltà con il cibo pensa possa esserle utile.

Carla arriva alla prima seduta di gruppo molto impaurita e angosciata. Si siede su di una sedia libera, la più vicina alla porta di uscita e da allora quello sarà il suo posto, che non abbandonerà più. Nelle prime sedute di gruppo anche se sollecitata dalle altre partecipanti, parlerà poco e non si collegherà ai discorsi che vengono fatti nel gruppo.
Per alcuni mesi Carla porterà la sua difficoltà ad entrare nel gruppo, in particolare dirà che esso è diverso dagli altri, di cui ha fatto parte. Racconterà di come sia difficile ed angosciante farne parte: “…Qui siamo sempre le stesse, ci si vede sempre lo stesso giorno e alla stessa ora, si parla solo. Nei gruppi di analisi corporea c’è sempre qualcuno nuovo, non ci sono mai sempre le stesse persone anche i luoghi dove si svolgono possono cambiare”.
Per Carla alcuni elementi di costanza e di socialità del gruppo sembrano quasi intollerabili, l’angosciano e la preoccupano, anche il solo parlare piuttosto che l’agire le sembra inutile.
Questa difficoltà a prendere parte alle sedute la porterà a saltarne molte per un certo periodo.  L’impressione è che tali assenze siano il segno di un’ angoscia quasi insopportabile della vicinanza, a cui si può rispondere solo con l’allontanamento.
Evitiamo di “sollecitare troppo” Carla a partecipare, è bene si conceda un tempo un po’ più lungo prima di decidere se il gruppo è utile per lei. Quando Carla riprende le sedute ci racconterà soprattutto cosa le succede o le è successo negli stage di analisi corporea, non sempre facili da comprendere da parte delle altre ragazze. Poco a poco, dopo un certo tempo, Carla inizierà a legarsi a qualche discorso che nel gruppo si sta svolgendo, mantenendo comunque sempre una sua parvenza d’estraneità. In particolare inizia a legarsi ai discorsi che il gruppo fa sui genitori e loro bizzarrie. In uno di questi racconti, ad un certo punto, Carla spiegherà come a casa dei suoi genitori, non abbia mai avuto un posto che fosse veramente il suo. Ovvero lei aveva un suo posto a tavola, un suo letto, ma entrambi, quando erano presenti ospiti, venivano offerti a quest’ultimi. Al punto  che Carla non si siederà più al suo posto ma in uno che normalmente rimaneva vuoto e che comunque non sentirà mai suo.Tutto ciò verrà legato anche alla paura che Carla ha relativamente al suo posto nel gruppo, alla possibilità che le venga sottratto, che possa essere occupato da qualche d’un altro.
Ora ha inizio una “seconda fase” in cui Carla, pur mantenendo una sua posizione un po’ isolata e ritrosa, inizierà a legarsi, per quanto le è possibile, ai discorsi che avvengono nel gruppo.

Carla parlerà del suo rapporto con la madre e di quello della madre con lei. Ci dirà: “Mia madre non mi ha mai desiderata, ne aveva già fin troppo di mia sorella, non voleva altri figli, era mio padre che voleva altri figli, che desiderava che la propria moglie fosse madre”.
Aggiunge: “…Mia madre si è sempre lamentata della mia nascita, ed io mi sento riconosciuta da lei solo quando mi critica o mi rimprovera”. Il padre è invece descritto da Carla come un padre che non ha mai saputo difenderla presso sua madre, troppo preoccupato dalle reazioni della moglie, anche se gentile e affettuoso verso la figlia quando non era arrabbiato. Emerge però che questa gentilezza del padre verso Carla era rimproverata dalla madre, la quale spesso rimproverava il marito d’eccessive attenzioni verso la figlia. Questa accusa e la gelosia che la madre mostrava verso Carla per le attenzioni che il padre le dedicava, risuoneranno spesso in Carla che non riuscirà mai a dare un confine preciso e neppure a comprendere cosa la madre rimproverasse veramente al marito.

Va sottolineato come Carla continui a non avere relazioni amicali, ancora meno relazioni sentimentali che non riesce neanche ad immaginare, solo l’idea la fa entrare in uno stato d’angoscia. Inoltre le sue gite in bicicletta, a cui si accennava prima, devono svolgersi entro confini precisi in quanto oltre tali confini sente che potrebbe essere aggredita e che ha dovuto rinunciare ad una casa fuori da quella genitoriale a causa della paura e dell’angoscia che la prendeva di notte a sentire i rumori nella strada immaginando che potesse essere oggetto di un’aggressione.
Gli altri discorsi a cui Carla si potrà collegare nel gruppo sono in particolare quelli relativi a condotte autolesive, che anche altre partecipanti hanno avuto nella loro storia. In particolare  racconterà che beve tisane cosi calde, da ustionarsi la gola tanto da dover ricorrere a cure di pronto soccorso, dicendo di non rendersi conto del loro calore se non solo dopo che si è ustionata.
Un giorno Emma, una compagna di gruppo, racconta che deve uscire dalla stanza che ha in affitto per dei lavori urgenti (la rottura di un tubo) e per alcune settimane non sa dove dormire.
Carla è sconvolta perché di getto e senza pensarci su si offre di ospitare a casa sua la compagna per qualche tempo…
Il suo viso manifesta lo sgomento che prova, però sente che ha fatto bene a offrire accoglienza a Emma. Tutto il gruppo è piacevolmente colpito dall’offerta di Carla, si comprende che per lei è un passo molto importante vista la sua paura della vicinanza delle persone.
Le due ragazze “convivono” bene assieme per alcune settimane tanto che Carla offre ad Emma la possibilità di restare da lei in affitto nella stanza in più che ha a casa sua.
Detto fatto si accordano, Carla sembra più “morbida” e curiosa di conoscere maggiormente Emma, con cui si deciderà ad andare in bicicletta nei suoi soliti percorsi.
Emma poi, che ha un rapporto molto più sereno con il cibo, si offre di preparare dei piatti “light” da mangiare assieme a Carla. La presenza di Emma nello “spazio psicologico” di Carla rappresenta un passo molto importante di socializzazione ed affettività.
Sono passati molti mesi, Emma è sempre inquilina di Carla e la convivenza funziona.
Sarete sconvolti nel sapere che un bel giorno Carla ha invitato tutte le sue compagne del gruppo per un aperitivo, la cui preparazione “materiale” è affidata ad Emma. Carla vive con piacere la presenza delle compagne a casa sua, è sorpresa di non sentirsi angosciata, anzi spesso si ritrova a sorridere con le altre…
Che dire, un evento inatteso ha spinto Carla ad offrire ospitalità ad Emma, un’apertura “al mondo” frutto della fiducia e confidenza che si è creata nel gruppo tra le ragazze. Ancora una volta il gruppo, in quanto tale, ha mostrato la “forza” della sana socialità, della confidenza e fiducia che può instaurarsi tra le ragazze nel frequentarsi per un periodo sufficiente di tempo.
Il lavoro terapeutico continua e Carla sente di non essere più così terrorizzata dalla presenza di altre persone anzi, mangia addirittura assieme ad altre ragazze…


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Angela

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Angela è una ragazza siciliana che proviene da una famiglia di modeste origini e delle tre figlie è l’unica che ha voglia di studiare, con l’aiuto dei genitori che ripongono in lei tante speranze.
Si laurea in lingue e dato che nella sua città ha trovato soltanto lavori precari, senza indugio lascia casa sua per andare a Parigi per un’offerta interessante in un’azienda multinazionale. Può ben utilizzare la sua conoscenza dell’inglese e soprattutto del francese che orgogliosamente tutti le riconoscono di alto livello.
La vita a Parigi non è facile per lei, va a vivere con un’amica siciliana per dividere le spese, il ritmo della capitale è frenetico ed il clima proprio la fa soffrire, ma per via del buon lavoro mette in conto di dovere “sopportare” ciò per qualche anno, poi si vedrà…
Angela non è mai stata una mangiona però a Parigi va proprio male con il cibo: compra “schifezze” senza fare molto caso agli ingredienti, spesso salta il pranzo e poi si abbuffa alla sera, è molto sregolata e troppo spesso a cena beve del vino in quantità eccessiva. La coinquilina, che è appassionata alla cucina, cerca di aiutarla con piatti gustosi ed equilibrati ma invano.
Il vino comincia ad essere un vero problema per Angela, ne beve troppo e spesso, poi sta male in casa. L’amica comincia ad essere in difficoltà quando Angela è alticcia tanto che decide di lasciare la casa per cercare un’altra sistemazione. Nel momento in cui Angela resta sola in casa la bottiglia diviene il solo svago, nutrimento, ansiolitico e compagno.
Dopo qualche ritardo di troppo in ufficio riceve una lettera di richiamo per gli orari che non rispetta ed il suo capo, che pur l’apprezza, cerca di metterla con le “spalle al muro” a fin di bene.
Dopo uno scambio assai teso Angela promette di farsi seguire in un gruppo di aiuto per alcolisti altrimenti il suo posto di lavoro è a rischio.
Passano alcuni mesi ed Angela sembra recuperare “il controllo” sul vino però non mangia più e perde peso a vista d’occhio. Sul lavoro i colleghi sono preoccupati per Angela, le stanno vicino ed aiutano per quello che possono ma la ragazza (ora è astemia) è decisamente sottopeso.
Angela da troppo tempo non va a casa in Sicilia ed i genitori decidono (senza dirle nulla) di andare a Parigi da lei per capire cosa stia accadendo. La trovano in pessime condizioni, confusa e “perduta”.
Insistono per tornare tutti assieme in Sicilia, il lavoro verrà dopo, si tratta di salvare Angela che è in un vicolo cieco.
Di fatto la portano a casa per curarla. Il medico di famiglia chiarisce che la ragazza va seguita in un centro adatto e consiglia una comunità specializzata nei disturbi alimentari in Lombardia.
Angela non vorrebbe andare ma è senza forze e si lascia convincere. Descrive così la sua esperienza: “…Sembrava una caserma, camerate con vari letti, niente privacy, orari e doveri quotidiani. Ragazze che camminavano senza meta, sedute di psicoterapia quotidiane e tanti psicofarmaci.”
Dopo due mesi Angela decide di lasciare la comunità nonostante il parere contrario dei medici e dei familiari e riprende a bere, torna a casa ma ha con sé il telefono di uno psicoterapeuta di Soremax, ricevuto da una compagna di stanza.
Ci chiama e vista la distanza possiamo proporle inizialmente delle sessioni via Skype in attesa di vedere poi come procedere. Angela coraggiosamente si rende disponibile a venire a Nizza, città che pensa le potrebbe anche piacere.
Il lavoro di persona consente ad Angela di iniziare ad affrontare sia le tematiche relative al cibo che la sua dipendenza dall’alcool, sempre presente sullo sfondo della sua vita.
Trova una stanza in affitto ed un lavoretto come lavapiatti in una pizzeria in città per potere continuare il lavoro terapeutico.
Sul lavoro si fa apprezzare, è sprecata come lavapiatti, ovviamente, ed una cliente della pizzeria le propone di seguire il suo bambino in casa come nounou. Angela accetta, ha orari normali ed i bimbi le piacciono, anzi ne vorrebbe uno suo. Un giorno viene in seduta molto angosciata, racconta un sogno ma è troppo confuso da interpretare: c’è del vino… una festa… dei ragazzi… e altro poco chiaro.
Di colpo ricorda che un ragazzo quando era ancora adolescente l’aveva fatta bere molto ad una festa e poi lei si era ritrovata in strada con lui ubriaca e senza la giacca che aveva con se. È molto scossa, comincia a farsi largo l’idea che il ragazzo le possa avere fatto qualcosa mentre era ubriaca dato che non l’ha più visto o sentito. Inizia a piangere, ha una voglia spasmodica di bere, il che darebbe conto dell’uso del bere come “antidoto” all’angoscia di contenuti sessuali rimossi.
È un passaggio doloroso e traumatico che ora lentamente giunge alla coscienza di Angela e permette di rileggere la sua dipendenza dall’alcool e l’uso che fa del bere per “dimenticare”.
Passa un mese difficilissimo che preoccupa anche noi, sembra che il bere ed il cibo siano totalmente fuori controllo per Angela. Intensifichiamo le sedute per creare una specie di “perimetro psicologico” attorno ad Angela che lentamente emerge dalle sue angosce. Il lavoro psicologico e sensoriale sul tema del cibo prosegue, senza mai perdere di vista anche la dipendenza dall’alcool.
Dopo oltre un anno di terapia psicologica in abbinamento ad un mirato accompagnamento sul tema del cibo per farle riprendere il piacere del cibo stesso via profumo, colore, gusto e giusti  abbinamenti, Angela ha messo qualche chilo di peso ed è molto più attenta a ciò che mangia in termini di qualità, senza calcolare zuccheri o calorie.
Ha molto meno bisogno di bere e fisicamente si sente più leggera e “lucida”. Il lavoro continua, ma Angela non è più a rischio della sua vita, può fare dei progetti sia in termini di lavoro che di vita personale, in una parola ha ritrovato la speranza di vivere, che per lunghi anni era totalmente scomparsa da lei.

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